Si è avvalso della facoltà di non rispondere al gip Ilir Leba, l'impresario edile albanese di 48 anni arrestato dai carabinieri per l'omicidio in strada di Scandicci (Firenze) di Tommaso Dini, commerciante di 50 anni, accoltellato mortalmente nella notte tra sabato e domenica. Questa mattina il giudice Federico Zampaoli ha convalidato l'arresto. Leba è difeso dall'avvocato Neri Cappugi. Per lui il gip ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, coordinati dal pm Carmine Pirozzoli, in passato tra aggredito e aggressore ci sarebbero stati degli screzi, non è chiaro se determinanti per spiegare il movente, ancora in corso di accertamento, che avrebbe indotto 48enne ad accoltellare Dini alle gambe e al torace. Non si è fatto interrogare dal gip all'udienza di convalida dell'arresto per l'uccisione del commerciante di case Tommaso Dini. Però, Ilir Leba, 48 anni, l'impresario edile in carcere accusato come presunto autore dell'omicidio domenica notte in piazza Piave a Scandicci (Firenze) ha fatto dichiarazioni spontanee al giudice Federico Zampaoli. Assistito dal difensore, l'avvocato Neri Cappugi, ha detto: "La mia intenzione non era di fare del male, quando sono uscito" dal kebab "e ho trovato questo signore (Dini, ndr), non so cosa mi è successo". Una mezza confessione di fatto. Tra Dini e Leba ci sono stati screzi in passato, pare per questioni di interessi economici, forse di un affare che ha scontentato uno dei due. Dini prima mediava case, poi le vendeva e comprava, ultimamente aveva cambiato attività. Con Leba da circa un anno c'era un dissapore rinnovato a ogni incontro a Scandicci, luogo di residenza di entrambi. Ci sono testimonianze che inchioderebbero Leba. La prova più forte è quella del microfono della telecamera del kekab di Scandicci (Firenze) dove stava mangiando, unico esercizio aperto di notte in questo abitato di cintura. L'apparecchio lo avrebbe registrato mentre pronuncia la frase: "Ora gli devo tirare". Secondo quanto ricostruito dai Cc, Leba proprio alla vista di Tommaso Dini, che si era avvicinato alla vetrina del kebab, avrebbe iniziato ad agitarsi. Già in passato i due si sarebbero affrontati in pubblico. Uno dei clienti ha cercato di calmarlo. Ma il 48enne avrebbe estratto un coltello, a serramanico, forse l'arma del delitto che non si trova. L'avventore sarebbe riuscito ancora a calmarlo ma solo per alcuni minuti, poi Leba sarebbe uscito e avrebbe affrontato Dini, colpendolo prima con un pugno e poi accoltellandolo. I testimoni avrebbero detto di non aver visto il momento delle coltellate mortali. Erano le 2 di notte, piazza Piave è residenziale e illuminata, tutti dormono tranne il solito gruppetto di italiani e stranieri che si attardano al kebab. Al gip il difensore ha sottolineato come il suo assistito si sia presentato spontaneamente dai carabinieri quando Dini era ancora in vita, ha chiesto la misura degli arresti domiciliari, anche perché è un incensurato. Il gip Zampaoli tuttavia ha convalidato l'arresto e disposto la custodia cautelare in carcere, accogliendo la richiesta della procura. "Il compendio indiziario - afferma il gip nell'ordinanza - risulta congruente in ordine all'ipotesi di accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi". Dai rapporti medico legali emerge che Dini è stato colpito da almeno otto fendenti all'inguine, alle gambe e al torace. Lo riporta il gip. Dini arrivò in ospedale in arresto cardiocircolatorio dovuto a choc emorragico. Dopo essere stato rianimato e intubato venne sottoposto ad intervento chirurgico, ma le sue condizioni peggiorarono e morì nel pomeriggio.
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