Sui riflessi del Covid rispetto ad
eventuali danni neurologici è stato pubblicato uno studio
condotto da un team di medici della Medicina nucleare e della
Neurologia dell'ospedale Santo Stefano di Prato secondo cui "la
funzione neuronale migliora progressivamente dalla fase acuta
fino a quella cronica a 7-9 mesi dall' infezione". Riportato
dall' 'European Journal of Nuclear Medicine and Molecular
Imaging', lo studio su pazienti con sintomi neurologici da Covid
durante il periodo pandemico evidenzia per la prima volta che il
Covid può determinare importanti alterazioni della funzione
neuronale cerebrale, in particolare nelle regioni frontali
durante la fase acuta della malattia e tali alterazioni si
riducono nel tempo fino quasi a scomparire a partire dal terzo
mese dall' infezione. Oltre all'interessamento di altri apparati
come quello respiratorio, riferisca la Asl Toscana Centro con
una nota, "sono sempre più numerose le evidenze che il Covid
possa penetrare nel sistema nervoso centrale determinando
riduzioni della funzione neuronale alla base della
sintomatologia neurologica osservata in questi pazienti".
Per il team dell'ospedale di Prato, "tali sintomi possono
essere severi durante la fase acuta di malattia e persistere in
forma più lieve - affaticamento, 'nebbia nel cervello', disturbi
di memoria e del sonno, ansia, depressione - anche dopo mesi
dalla fase acuta (nei pazienti long-Covid)". "L'obiettivo della
ricerca - spiega Stelvio Sestini, direttore della struttura
complessa di Medicina Nucleare del Santo Stefano - è stato di
capire quali sono le zone del cervello che il virus colpisce in
modo preferenziale nei pazienti con infezione da SarS-CoV2 con
sintomi neurologici di nuova insorgenza e come evolve nel tempo
il danno neuronale dalla fase acuta alla fase cronica (circa 9
mesi), cosa mai dimostrata fino ad oggi".
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