Patteggiamenti, condanne e rinvii
a giudizio: si chiude così l'udienza preliminare relativa
all'inchiesta sulla contraffazione del celebre vino Sassicaia.
Il gup del tribunale di Firenze ha emesso una condanna in
abbreviato per colui che è ritenuto il principale artefice dei
falsi, un uomo residente nel Milanese (due anni e sei mesi) e
ratificato tre patteggiamenti (con pene comprese tra 1 anno e 4
mesi e 11 mesi) per i due figli e un rivenditore del vino
fasullo. Infine, il tribunale ha rinviato a giudizio altre
quattro persone: per loro prima udienza il 5 giugno 2023 davanti
al giudice della prima sezione monocratica del tribunale di
Firenze.
Le accuse per tutti, a vario titolo, sono: contraffazione di
uso di marchi anche aggravato e di indicazione geografiche o
denominazione di origine agroalimentari oltre che ricettazione.
Secondo quanto emerso, il vino che veniva imbottigliato come
falso Sassicaia era acquistato in Sicilia. Le bottiglie, in base
a quanto ricostruito dalle indagini della guardia di finanza,
provenivano dalla Turchia mentre etichette, tappi, carta velina
e casse erano prodotte in Bulgaria. La produzione si sarebbe
attestata su circa 700 casse di vino al mese, per un totale di
4.200 bottiglie, con un introito stimato in circa 400mila euro
al mese. La contraffazione sarebbe stata relativa in particolare
ad annate tra il 2010 e il 2015. Due uomini, padre e figlio, 64
e 36 anni, secondo l'accusa, sarebbero riusciti a riprodurre
anche uno speciale ologramma anticontraffazione impresso sulle
etichette originali del Sassicaia. Perfino la carta velina usata
per il confezionamento della bottiglie aveva lo stesso peso, 22
grammi, di quella originale. Avrebbero curato anche la fattura e
il colore delle bottiglie, oltre alla dimensione dei tappi, in
tutto e per tutto identici agli originali.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA