Non solo le ferite di guerra nel
corpo, ma anche "ferite dello spirito": sono quelle riportate da
chi, nella Striscia di Gaza, ha subito lesioni, come testimonia
Decio Viscidi, medico anestesista che dall'1 al 28 dicembre
scorsi ha fatto parte dell'equipe chirurgica della nave ospedale
Vulcano della Marina militare italiana. Viscidi, tenente di
vascello della riserva selezionata, lavora all'ospedale San
Donato di Arezzo, come riporta la Asl Toscana Sud Est che gli ha
concesso di partecipare all'operazione umanitaria. "E' stato
importante, è un'esperienza che rifarei", afferma.
Sulla nave Vulcano, spiega la Asl, sono stati curati sia
bambini, molti dei quali con amputazioni subite in Palestina
oltre a lesioni e ferite addominali, sia pazienti adulti con
lesioni complesse. Fra gli interventi effettuati dall'equipe, di
cui ha fatto parte Viscidi, anche il trapianto di un nervo
periferico per restituire ad una donna l'uso parziale di un arto
compromesso durante un bombardamento. L'equipe ha anche
assistito alla nascita della piccola Ilin, partorita da una
donna palestinese di Gaza che era a bordo della nave per
assistere l'altra figlia rimasta ferita.
"Durante la mia attività di medico ospedaliero - afferma
Viscidi - ho visto molti traumi complessi ma mai ferite di
guerra. Queste persone non avevano solo le ferite visibili, che
abbiamo curato, ma anche quelle non visibili fatte di traumi, di
lutti da elaborare e di storie da raccontare". Il medico ha
portato con sé in Italia le foto dei disegni fatti dai bambini
curati sulla Vulcano: molti di loro poi si sono rifugiati in
Qatar. "Attraverso i social sono rimasto in contatto con molte
delle persone che ho curato - spiega ancora Viscidi - e ho anche
ricevuto delle videochiamate da un paio di bambini attraverso
l'account social che hanno aperto dopo essere usciti da Gaza: un
bimbo di 8 anni e una ragazzina di 14".
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