Nelle Rsa trentine ci sono "da un lato ospiti non Covid con rischio di sviluppo di esiti assistenziali associati al depauperamento del tempo di assistenza (disidratazione, malnutrizione, lesioni da decubito, perdita delle capacità residue), dall'altro ospiti Covid per i quali si rendono necessarie competenze clinico-assistenziali specifiche legate alla gestione di quadri clinici instabili a rapida evoluzione. È evidente e sotto gli occhi di tutti che l'emergenza nell'emergenza si sta consumando proprio nelle Rsa, ne è dimostrazione l'elevato tasso di mortalità, al quale è necessario associare la dimensione qualitativa del morire che sopraggiunge in solitudine per l'assenza dei propri cari". Lo scrive in una nota il presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche della Provincia autonoma di Trento, Daniel Pedrotti, che, in una lettera al presidente Maurizio Fugatti e all'assessora Stefania Segnana, chiede "tempestivamente strategie per ideare scenari e modelli capaci di rispondere in modo efficace ed efficiente a questa emergenza".
Un'emergenza, scrive ancora Pedrotti, che si riflette anche sugli operatori sanitari, dal momento che - prosegue la nota - "in molte Rsa risultano assenti per malattia o tampone positivo la maggior parte degli infermieri e operatori socio sanitari determinando per coloro che sono in servizio turni anche di 12-16 ore per più giorni consecutivi, in una logica esclusivamente compensatoria". Il rapporto infermiere/ospiti è arrivato a rapporti numerici "non accettabili anche in considerazione della fragilità associata alle condizioni cliniche degli ospiti di molte strutture", scrive ancora Pedrotti.
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