L'Università di Trento è tra i
primi atenei italiani ad adottare il Gender equality plan (Gep).
Il documento traccia linee di indirizzo e azioni da mettere in
pratica sulla strada dell'equità. Dal bilanciamento tra vita
privata e vita lavorativa al riequilibrio di genere in organi e
posizioni di vertice, dall'uguaglianza tra donne e uomini nel
reclutamento e nella progressione di carriera all'integrazione
della dimensione di genere nella ricerca e nei programmi di
insegnamento al contrasto a violenza, mobbing e molestie.
Il piano della parità di genere è uno strumento ideato dalla
Commissione europea nel 2012 e promosso l'anno scorso da un
vademecum della Conferenza dei rettori delle università
italiane. Il documento redatto dall'Università di Trento traccia
linee di indirizzo e azioni da mettere in pratica nel periodo
2022-2024 a favore dell'equità di genere. Perché ci sono ancora
ineguaglianze e asimmetrie da sanare. Le donne a UniTrento
rappresentano il 50,6% della popolazione studentesca; il 51,9%
delle persone laureate e il 37,8% della componente dottorale; il
45,2% delle persone assegniste; il 27,5% fra il personale di
ricerca a tempo indeterminato; il 31,5% dei/delle docenti di
seconda fascia e solo il 17,1% tra i/le docenti di prima fascia
(e nel 2015 le professoresse ordinarie erano appena l'11,7%).
La decisione di dotarsi del piano della parità di genere -
precisa l'Università di Trento - si colloca in un percorso che
ha visto l'ateneo di Trento dal 2014 introdurre un piano di
azioni positive, dal 2006 stilare rapporti annuali sulle pari
opportunità e l'anno scorso redigere il primo bilancio di
genere. Negli anni, inoltre, UniTrento ha anche creato una rete
di organi (a partire dal comitato unico di garanzia), strutture
(come l'ufficio equità e diversità), servizi (ad esempio lo
sportello della consigliera di fiducia), impegnati a vari
livelli in questa direzione.
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