"Le misure che hanno inciso,
riducendoli, i vitalizi regionali trentini in corso di
erogazione, diretti e di reversibilità (riduzione del 20%,
limite al cumulo con il vitalizio parlamentare, contributo di
solidarietà), non ledono il principio del legittimo affidamento
in quanto, da un lato, trovano una ragionevole giustificazione
nelle esigenze di contenimento della spesa, di sobrietà ed
equità, già presenti nella legislazione dello Stato e da essa
promosse; dall'altro lato, non trasmodano in un regolamento
irrazionale, lesivo del principio evocato". Lo afferma la Corte
costituzionale con la sentenza n.136 depositata oggi (redattore
Angelo Buscema), dichiarando "non fondate le questioni sollevate
dal Tribunale di Trento. L'esigenza di ripristinare criteri di
equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le
incongruenze, insite in questi trattamenti, è stata ritenuta
dalla Corte preponderante rispetto alla tutela dell'affidamento,
considerato anche l'ammontare del trattamento che le misure
riduttive consentono di mantenere". La Corte "ha riconosciuto
che gli interventi riduttivi in questione rientrano nella
competenza del legislatore regionale, poiché è riconducibile
all'autonomia della Regione la disciplina dei vitalizi spettanti
a chi è stato consigliere regionale. Nella fattispecie, la
normativa censurata non ha violato i principi di coordinamento
della finanza pubblica espressi dal legislatore statale ed
evocati dal Tribunale di Trento".
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