"Il vino deve parlare oggi più che mai in maniera diretta al consumatore, senza in tecnicismi che spaventano, ma in modo da far trasmettere le emozioni che noi produttori vogliamo comunicare in ogni bicchiere, trasmettere la poesia dei nostri territori e i nostri valori, perché dietro ad ogni bottiglia di vino sta tanto lavoro, tanto rispetto per la propria terra e spesso, come nel nostro caso, stanno tradizioni ultra centenarie passate da generazione a generazione". Lo ha detto Camilla Lunelli, direttrice della Comunicazione e delle Relazioni Esterne del Gruppo Lunelli, in occasione del Trentodoc Festival, una tre giorni dedicata interamente alle bollicine di montagna.
"Il vino - ha proseguito - è un mondo che affonda le proprie radici lunghe tradizioni, nella terre e nel lavoro dei contadini, ma vuole essere anche al passo con i tempi. Quindi tutta la comunicazione del vino deve essere sempre più digitale.
Noi a Trento stiamo lavorando in maniera molto intensa per questo. Si tratta di un'occasione unica per parlare direttamente con il nostro consumatore".
"Oltre alla qualità dei nostri Trento doc siamo sempre più impegnati nella sostenibilità. Come cantine Ferrari abbiamo convertito al biologico tutti i nostri vigneti di proprietà e abbiamo istituito un protocollo, il vigneto Ferrari per una viticoltura di Montagna sostenibile e salubre", ha detto Lunelli che ha anche ricordato l'impegno per la carbon neutrality dell'azienda.
L’arte è invece il mondo “sposato” da Feudi San Gregorio perché – come specificato dal presidente Antonio Capaldo – collegato al DNA della marca. “Noi siamo sempre stati vicini ai concetti di bellezza, anche a livello di paesaggio e territorio, tanto che ne abbiamo inserito la tutela nel nostro progetto di sostenibilità. Fin dalle nostre origini, abbiamo voluto dare forma a bottiglie che fossero anche belle da vedere, collaborando con maestri del design sia a livello di etichette che di packaging. Dal 2014 – prosegue – abbiamo iniziato a creare una collezione d’arte con etichette realizzate ad hoc in edizione limitata che vanno a sostegno di una fondazione legata al sociale. Oltre a questo aspetto valoriale – conclude – il nostro approccio è anche motivo di orgoglio per la comunità interna e di attrattività per i nostri stakeholder”. La bellezza – ricorda Ferraro – si esprime anche nella struttura architettonica, che attira molti visitatori promuovendo l’enoturismo.
In termini di comunicazione diretta e di rapporti con il consumatore interviene Giacomo Malfer di Revì, raccontando le numerose experience da loro proposte, come l’opportunità per l’ospite di provare la sboccatura à la volèe o di effettuare una degustazione insolita in un bosco, anziché in una sala di degustazione tradizionale. “Cerchiamo di ampliare il raggio di godibilità della bottiglia e i social, in tal senso, ci aiutano molto a diffondere e comunicare quello che facciamo. Difficile sicuramente misurare l’efficacia ma quando l’ospite è felice e ricorda l’esperienza sappiamo che il risultato è stato raggiunto e che chi ci è venuto a trovare diventerà un nostro vero ambasciatore”.
Paolo Dorigati porta invece l’esempio di Methius, che ha scelto di concentrarsi su un unico prodotto, sostenuto da una cifra stilistica e una vision ben precise. “Il nostro Trentodoc – racconta – è un prodotto figlio del territorio, nato nel 1986 con la volontà di esprimere una grande qualità di metodo classico all’interno di un’azienda di rossi. Siamo nati – ricorda – quando la spumantistica non aveva il significato odierno, ma siamo riusciti a esplodere negli anni Novanta riuscendo ad affascinare in punta di piedi il consumatore, anche grazie alla scelta di operare una produzione limitata ed esclusiva, che si attesta sulle 15.000 bottiglie circa”.
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