"Il diritto a morire non vuol dire
che io voglia morire, anzi, voglio proprio vivere, ma deve
esserci. La voglia di vivere non è in contrasto con il diritto
di morire": a dirlo è Laura Santi, giornalista perugina malata
di sclerosi multipla grave, progressiva, consigliere
dell'associazione Luca Coscioni e impegnata nella campagna
referendum eutanasia legale. "Ci sono i diritti alla morte, alle
cure palliative, a fare testamento biologico e a un'assistenza
adeguata ma per chi ha una sofferenza non più sopportabile o
alleviabile deve esserci anche il diritto a morire" aggiunge
parlando con l'ANSA . Lo fa dopo le parole di Papa Francesco,
secondo il quale non c'è un diritto alla morte.
"Io ho una malattia gravissima - spiega Laura - che sta
andando avanti nonostante nella mia vita faccia mille cose
palliative. Palliativo è infatti anche fare riabilitazione,
muoversi, uscire. Ma la malattia va avanti. E se peggiorasse
voglio avere il diritto di scegliere. Perché la voglia di vivere
e il rispetto della vita del quale parla anche il Papa va di
pari passo con il diritto di morire che non si può negare a
quelle persone per le quali ogni giorno in più è una tortura".
"E' vero che il Papa dice che 'va sempre privilegiato il
diritto alla cura' - afferma ancora Laura Santi - ma ci sono
casi, tanti, nei quali anche le cure palliative prima efficaci
poi non lo sono più. E a quel punto? Io, Laura Santi, interpreto
il semplice aiuto a morire o l'eutanasia legale, alla quale
puntiamo, come l'ultimo atto di cura. Quando tutto il resto non
è più possibile o efficace".
Per l'attivista dell'associazione Coscioni "pare un caso che
una leggina al ribasso (quella sul suicidio assistito, cosa ben
diversa dall'eutanasia attiva che è più inclusiva e meno
discriminatoria) venga ripresa adesso dopo tre anni e con
caratteristiche molto più restrittive della sentenza della Corte
Costituzionale". "Restringerebbe in modo crudele - prosegue - la
platea di chi ne ha diritto a pochi giorni dalla decisione
sull'ammissibilità del referendum. Pare un caso - conclude Laura
Santi - ma non è un caso".
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