"Se stanotte l'attacco
russo avesse fatto esplodere la centrale nucleare di
Zaporizhzhia sarebbe stato un disastro per l'umanità": a dirlo
all'ANSA è Giulia Evanova, l'interprete che agli inizi degli
anni Novanta del secolo scorso aveva accompagnato per tre,
quattro anni i bambini di Chernobyl a Orvieto e nei paesi
limitrofi per "soggiorni di risanamento", che consentivano ai
piccoli di vivere un periodo lontano dalle radiazioni.
Giulia, assieme al marito e al figlio, subito dopo l'invasione
della Russia, è riuscita a fuggire nei giorni scorsi da Kiev,
per trovare rifugio a Leopoli, da dove risponde al telefono.
"Abbiamo avuto davvero tanta paura questa notte. La gente della
mia generazione - racconta - sa benissimo quali sono le
conseguenze di una fuga radioattiva, tutti ricordano Chernobyl".
"Ma la centrale presa di mira poche ore fa - spiega la donna - è
molto, ma molto più grande di Chernobyl. Meglio non pensare cosa
sarebbe potuto accadere".
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