Paolo Petroni
Dopo l'omaggio a Pina Bausch, con
la sua ''Le sacre du printemps'' stravinskiana interpretata per
la prima volta da danzatori africani, che ha aperto questa 65/ma
edizione del Festival di Spoleto, ecco un altro ricordo di una
grandissima ballerina e coreografa, Trisha Brown, scomparsa a 81
anni nel 2017, con la compagnia che ha ancora il suo nome e ne
porta avanti l'eredità, impegnata l'1 e 2 luglio al Teatro
romano in ''Astral converted'' e ''Working title'', poi domenica
3 luglio i suoi early works ''In plain site'' a Palazzo
Collicola.
Cresciuta, dopo il diploma, nella New York anni '60, dove
dopo dieci anni fondò la Trisha Brown Dance Company, è stata
anche apprezzata disegnatrice e artista grafica e la sua ricerca
di un linguaggio originale legato a quel movimento astratto, che
è uno dei punti forti della sua arte, si è svolta in contatto
col mondo artistico, trovando ospitalità e presentazioni in
gallerie e musei. Ecco allora che ''Astral coverted'' nato nel
1991 vede coinvolto nell'allestimento scenico e nei costumi
Robert Rauschenberg, che sulla scena nuda pose solo alcune
piccole costruzioni di metallo e vestì i danzatori con costumi
molto aderenti, quasi una seconda pelle, argentei e traslucidi,
a dar evidenza assoluta all'armonia delle forme del corpo, di
cui tutta la coreografia esalta la mobilità e l'elasticità. La
Brown ha ideato movimenti estremamente ginnici e eleganti
assieme che vanno oltre gli stereotipi e il linguaggio
codificato.
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