Ha fermato il pulmino e provato a costringere un ragazzo disabile, figlio di allevatori, a scendere lontano da casa. E lo ha anche paragonato alle mucche, dicendo che "puzza come loro" e che avrebbe dovuto andare a "zappare le patate invece di frequentare la scuola". Alla luce di queste accuse, Dante Caracciolo, 49 anni, di Saint-Vincent, conducente di autobus di linea della Savda, è stato condannato per tentata violenza privata a quattro mesi di reclusione dal giudice monocratico di Aosta Maurizio D'Abrusco. La vittima è un diciassettenne della media Valle d'Aosta, Carlo (nome di fantasia), affetto da un lieve ritardo mentale e da disturbo dello spettro autistico. Quel 25 ottobre del 2016 erano tornato a casa in lacrime, senza riuscire a confidarsi con la madre. Sono state le amiche sul pulmino con lui, nel quotidiano viaggio di ritorno da scuola, a rimproverare l'autista e segnalare il fatto all'insegnante di sostegno. "Oggi sono tranquillo ma quando lo vedo mi viene una paura tremenda", ha detto Carlo.
"Quel giorno, con le lacrime agli occhi, mi ha detto soltanto 'L'autista parla troppo, domani non vado a scuola'. Poi l'insegnante mi ha raccontato tutto e ho fatto un reclamo alla Savda. Per me è stata molto dura, mettetevi nei panni di un ragazzo disabile", ha ricordato in aula la madre. "Dopo quell'episodio Carlo ci ha detto che questi atteggiamenti andavano avanti da un po'. Una volta era stato lasciato a 300 metri da casa, e ha dovuto camminare lungo la strada che è senza marciapiede. Non voleva più andare sul pullman, era terrorizzato", ha aggiunto.
"Carlo era seduto vicino all'autista, che gli ha detto: 'Questa è la tua fermata, scendi'. Gli ha fatto una mossa, poi è ripartito e lo ha fatto scendere a quella giusta. Tutte le volte che saliva sul pullman, Dante si lamentava, diceva che puzzava e faceva battutacce. Lo chiamava scimunito. A volte quanto lo vedeva in attesa a bordo strada, si fermava più avanti, costringendolo a camminare. In altre occasioni lo faceva scendere a fermate diverse dalla sua. Una volta non l'ha nemmeno fatto salire a bordo", hanno raccontato in aula le giovani con cui Carlo saliva ogni giorno sul pulmino. Frasi che "hanno un disvalore per un incaricato di pubblico servizio. In una società civile le persone disabili vanno accompagnate e coinvolte, non derise", ha sottolineato l'avvocato di parte civile, Elena Maria Gusmano (che assiste la famiglia di Carlo con la collega Elena Corgnier).
"Sicuramente c'è stata una incomprensione, può essere che ci siano state delle parole fraintese o non garbate", ha detto l'avvocato della difesa, Andrea Noro. "Tutto è nato da quattro ragazzine che per qualche motivo ce l'avevano con me. Non sapevo che fosse disabile, me l'hanno detto quel giorno. Mi dispiace essere stato mal interpretato, lo conosco da tempo e abbiamo sempre chiacchierato. Non avrei potuto far scendere il ragazzo a due chilometri dalla sua fermata, con un tabulato sarebbe venuto fuori", si è difeso Dante Caracciolo. Ma proprio il sistema di localizzazione dei pulmini quel giorno ha rilevato una sosta imprevista di circa un minuto a due chilometri da casa di Carlo. In quel frangente, secondo l'accusa (vpo Cinzia Virota), l'autista aveva tentato di far scendere il ragazzo. "Ero in anticipo e dovevo rispettare gli orari", ha spiegato l'imputato al giudice.
Il vpo Cinzia Virota aveva chiesto una condanna a 7 mesi di reclusione. L'autista, che per questa vicenda era stato sospeso cinque giorni dalla sua azienda, è stato assolto dall'accusa di violenza privata relativa a un altro episodio: secondo la procura aveva fatto scendere Carlo in una fermata successiva alla sua, costringendolo a camminare a bordo strada per rientrare a casa. La condanna a quattro mesi di reclusione sarà sospesa se verserà, entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, una provvisionale di 2.500 euro alla parte civile.
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