''E' evidente come la comprovata circostanza della ricerca di denaro da parte dell'imputato non fa che corroborare l'ipotesi accusatoria, in quanto spiega il perché sia arrivato fino al punto di piegare la posizione di indiscusso potere acquisita all'interno delle compagini amministrative ove era incaricato, Saint-Pierre prima e Valtournenche poi, e di porle su di un piano servente rispetto alle esigenze personali di provvista di fonti economiche utili al soddisfacimento dei propri bisogni personali''. Lo scrive il giudice di Aosta, Davide Paladino, nelle 130 pagine delle motivazioni della sentenza del processo per un presunto giro di corruzione in appalti pubblici a Valtournenche, riferendosi al principale imputato Fabio Chiavazza, ex capo dell'ufficio tecnico comunale, condannato a sei anni di reclusione.
L'inchiesta era coordinata pm Luca Ceccanti. Secondo l'accusa, Chiavazza tramite gare truccate e massimi ribassi avrebbe favorito ''ditte amiche''. In cambio avrebbe ricevuto alcune mazzette. Accuse, che l'imputato durante il processo ha sempre respinto.
L'indagine ruotava attorno a Chiavazza, accusato di aver chiesto una tangente all'imprenditore Enrico Goglio. Il gup sottolinea come le ''dichiarazioni accusatorie di Goglio, come ovvio, svolgono un ruolo preminente nella presente vicenda. Non vi sono ragioni per credere che Goglio abbia affermato il falso con l'intento di calunniare Chiavazza''. Per Paladino l'accusa ha dimostrato la colpevolezza dell'ex tecnico comunale e scrive ''appare, pertanto, comprovato come l'imputato, giunto da pochi mesi a Valtournenche, non abbia perso occasione per compiere la ritorsione annunciata a Goglio''.
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