Emilio Isgrò, pittore e poeta, ma
anche romanziere, drammaturgo o regista, portatore di un
percorso creativo ed estetico basato sulla "cancellatura", di
quei segni neri a coprire le parole di libri, di mappe o carte
geografiche fin dagli inizi degli anni '60, ricorda, "in tempi
in cui bisogna stare un po' attenti", che l'arte "non risolve i
problemi, ma ha la capacità di segnalarli al momento giusto".
L'artista, protagonista di una mostra antologica alla
Fondazione Cini a Venezia dal 13 settembre al 24 novembre, a
cura di Germano Celant (catalogo Treccani), affida da oltre 50
anni la creazione di nuove immagini, di nuove visioni, alla
cancellatura, a quel segno, ora nero di pennarello ora fatto con
il bianchetto, steso con cura a coprire ad una ad una le parole
sui libri, lasciandone però alcune visibili, "libere" di creare
forse nuovi testi rispetto a quello originario.
E' una esposizione particolare quella allestita nelle sale
della Cini, dove al percorso delle opere si accompagna un
allestimento che crea un'ambiente-opera con le pareti coperte
dalle pagine di "Moby Dick" di Herman Melville, su cui è
l'artista è intervenuto con la "cancellatura".
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