(di Francesco Gallo)
"Tre stili mischiati: Buster
Keaton, una piece francese familiare dal respiro naturalista e
una commedia italiana come 'Brutti sporchi e cattivi'. Pietro
Castellitto è giovane, è vero, ma non ha fatto un film giovane".
Così Massimo Popolizio, come il più bravo dei critici, descrive
con estrema lucidità al Lido la sorprendente opera prima di
Castellitto 'figlio', 28 anni, che con I predatori ha fatto un
esordio intelligente e originale.
Presentato in concorso in Orizzonti alla 77° Mostra
Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia il film, in
sala dal 22 ottobre con 01, ha una morale semplice: una famiglia
nazi-fascista con tanto di negozio di armi e una borghese
radical chic, pari sono in quanto a capacità predatoria.
Così è almeno per i borghesi Pavone, con padre medico
(Popolizio) e autoritaria madre regista (Manuela Mandracchia) e
per i Vismara con capofamiglia (Giorgio Montanini) alle prese
con il culto del fascismo e quello delle armi. Tra tutto questo
la follia-filosofica di un ragazzo Federico (lo stesso Pietro
Castellitto) giovane assistente di filosofia, figlio dei
'politicamente corretti' Pavone, molto arrabbiato per una cosa
per lui affatto marginale: è stato lasciato fuori dal gruppo
scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche.
"Non è un film antifascista, ma casomai anti borghese anche
se i fascisti che faccio vedere sono molto colorati è perché lo
squadrismo cambia faccia, diventa sempre più raffinato, ma non
la sostanza. Ma una cosa è certa: a loro servono le armi per
essere predatori, ai borghesi no", spiega Castellitto.
Cosa significa essere 'figlio d'arte'? "C'è chi, a differenza
di me, frequenta i posti giusti per trovare lavoro, ma per chi
vive la mia condizione gli altri vedono solo vantaggi. Non è
così, a volte si prova vera frustrazione quando quel mondo in
cui ti affacci ti conosce già e ti giudica".
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