Un genio moderno, contemporaneo,
che guardava all'antico per reinventarlo. L'ultimo grande
artista del Settecento e il primo dell'Ottocento. Un veneto che
si fece da solo, l'imprenditore di se stesso partito da un
paesino di campagna alla conquista del mondo. Così Treviso vuole
celebrare Antonio Canova. A raccontare il maestro
irraggiungibile di capolavori immortali della scultura è il
Museo Bailo con la mostra 'Canova, gloria trevigiana. Dalla
bellezza classica all'annuncio romantico' che fino al 25
settembre affianca oltre 150 opere, tra gessi, marmi, incisioni
e pitture per comporre il mosaico di un personaggio poliedrico,
attentissimo anche alla cura della propria immagine.
La mostra, allestita nell'ala fresca di restauro del Museo
Bailo, che inaugura con l'occasione la galleria dell'Ottocento,
si apre con un colpo d'occhio straordinario, le quattro enormi
statue su basamenti originali, provenienti da un palazzo
nobiliare padovano, in cui Canova si misura con l'antico e
dimostra la sua originalità: l'Apollo del Belvedere a confronto
con il Perseo trionfante e il Gladiatore Borghese con il suo
Creugante. Vera chicca è il gesso preparatorio del cavallo
morente, esposto per la prima volta, al quale si rifece per il
famoso gruppo di Teseo in lotta con il centauro, oggi a Vienna.
Di forte suggestione la sala con la Venere che dialoga con
la dea dal carnale lato b dipinta da Francesco Hayez nel 1830 e
la più pudica e tradizionale Diana cacciatrice, nella tela dello
stesso anno di Pelagio Pelagi. In una teca, anche questa una
primizia, ecco la maschera funeraria e il calco della mano
destra dell'artista.
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