La burocrazia "soffoca" anche i
Comuni, soprattutto quelli di piccolissima dimensione, e i
cittadini devono sostenere un costo aggiuntivo pro capite pari a
251 euro all'anno, che, in termini complessivi, sfiora i 14,5
miliardi di euro. Lo afferma l'Ufficio studi della Cgia di
Mestre (Venezia), in uno studio svolto per contro dell'Asmel
(Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli
Enti Locali) in occasione del Forum annuale di oggi a Napoli,
dal titolo "Centralismo e Burocrazia: il freno dell'Italia".
Sebbene negli ultimi anni l'incidenza delle spese per i
servizi generali, amministrativi e di gestione sulla spesa
corrente sia leggermente in calo, nel 2020 (ultimo anno in cui i
dati sono disponibili), si è attestata al 27% (-1,1% rispetto al
2016). Le amministrazioni comunali più piccole (fino a 5.000
abitanti) registrano il costo più elevato (344 euro pro capite);
seguono i municipi con oltre 60 mila abitanti (259 euro) e
quelli con classi demografiche intermedie (238 euro per i Comuni
tra i 5 e i 10 mila abitanti, 212 fra i 10 e i 20 mila e 208 fra
i 20 e i 60 mila).
A livello territoriale, a soffrire maggiormente il peso
dell'oppressione burocratica sono le realtà amministrative
ubicate nelle regioni del Mezzogiorno: Basilicata con il 34,6%
(152 milioni annui), Molise con il 34,5% (93 milioni), Sicilia
con il 33% (973 milioni) e Calabria con il 32,8% (513 milioni).
La minore incidenza è in Puglia con 24,7% (738 milioni),
Lombardia con il 24% (2,1 miliardi) e il Lazio con il 22,6% (1,5
miliardi).
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