Aumentano tartarughe e delfini nelle
regioni dell'Alto Adriatico, Emilia-Romagna, Friuli Venezia
Giulia e Veneto, un'area dove è diminuita negli ultimi 10 anni
la flotta peschereccia oggi più o meno stabile. È il quadro
tracciato dal Dipartimento di Biomedicina Comparata e
Alimentazione dell'Università di Padova in un convegno.
Secondo un questionario dell'ateneo rivolto agli operatori
del settore, risulta infatti aumentata la percezione della
presenza di specie protette quali le tartarughe Caretta caretta,
i delfini Tursiops truncatus e specie di uccelli ittiofagi, così
come il fatto che costituiscono un ostacolo alla pesca
professionale e non. Le tartarughe, ad esempio, intervengono in
modo negativo sugli allevamenti dei mitili. Un modo sostenibile
per mitigare il conflitto, secondo gli intervistati, potrebbe
essere rimborsi economici di compensazione sui danni subiti,
limitare la presenza di queste specie e utilizzare dissuasori
specifici. In aumento anche gli spiaggiamenti di tartarughe,
soprattutto nella costa tra Porto Garibaldi e Goro (Fe). Dati
che evidenziano le necessità di una gestione di specifiche
specie marine come si usa in altri ambiti, tipo i lupi per
l'allevamento di bovini. Inoltre l'uso di specifici strumenti
meccanici, come il Ted (turtle excluder device), esclude la
cattura involontaria e accidentale di specie indesiderate, oltre
a evitare che i rifiuti si impiglino nelle reti. Quanto
all'entità della flotta peschereccia nelle tre regioni, oggi
conta circa 1600 unità, sulle 12 mila complessive in Italia; sul
fronte dei mercati ittici calano quelli del Veneto per fatturato
(-26% rispetto al 2011) e quantitativi (-30% rispetto al 2011);
dati negativi nel 2020 rispetto al 2019 anche per i mercati
dell'Emilia-Romagna (ad eccezione di Goro) e del Friuli-Venezia
Giulia. Gli occupati nei settori pesca, acquacoltura, commercio
e lavorazione sono in aumento (+10,8% nel 2020).
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