Tra i tanti cambiamenti sociali in atto ce n'è uno che procede più lentamente, culturalmente siamo pronti, ma psicologicamente molto meno: donne senza essere madri.
"Siamo donne complete anche senza figli" è una frase che mette i brividi, ci suona come un insulto, certo che si è complete, eppure sappiamo che va definita, confermata a se stessi visto che storicamente non è scontata.
"C'è sempre un
momento in cui l'orologio biologico entra in azione a mettere in
crisi le nostre certezze", dice Rebecca Zlotowski, in concorso a
Venezia 79 con il bel dramma sulle famiglie allargate I figli
degli altri, in sala poi dal 22 settembre con Europictures.
Protagonista della storia è Virginie Efira, un'insegnante
solare, piena di vita, che ama il suo lavoro, i suoi studenti, i
suoi amici, le sue lezioni di chitarra. Poi incontra Alì
(Roschdy Zem, qui anche in concorso come regista con Les Miens),
si innamora di lui, stabilisce un legame con sua figlia di
quattro anni, Leila, avuta con la ex moglie (Chiara
Mastroianni), se ne prende cura come fosse sua madre anche se
non lo è. Il desiderio di fare
famiglia si fa sempre più grande, il suo ginecologo (un cameo
del grande regista Frederick Wiseman, 92 anni, in concorso con
Un Couple) la avvisa: il tempo stringe, ma il destino è un
altro. E forse si può essere felici a prescindere.
"C'è ancora uno stigma culturale, la posizione femminile è
cambiata, rispetto a decenni fa le donne lavorano, hanno ruoli
sociali oltre che familiari e poi c'è quell'orologio biologico
che ti ricorda di fare una scelta. Penso che fare o non fare
figli sia una scelta complessa, e anche dolorosa, così come
quella di abortire. Si è donne complete anche senza figli, ma
spesso si soffre per questo. Lo dico da francese, fortunata per
i diritti riconosciuti nel mio Paese, ma - risponde all'ANSA
Zlotowski, una delle cinque registe in gara per il Leone d'oro -
rivendico la complessità di certe decisioni. Vorrei che fosse
una scelta riconosciuta come sofferta, ma poi solare e bella".
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