(di Alessandra Baldini) Quando la "New Art" americana ando' a Venezia e vinse: una mostra al Jewish Museum di New York conduce in porto l'ultimo progetto di Germano Celant.
Il critico italiano che conio' il termine "Arte Povera' e' morto nel 2020 di Covid.
Era stato avvicinato tre anni prima dal museo
newyorchese per affrontare il ruolo di Alan Solomon, che lo
diresse per due turbolenti anni, nella scena artistica di New
York.
E' nata cosi' '1962-1964', una rassegna a tutto campo tra arte,
moda, letteratura, teatro e costume che tra l'altro racconta
come, proprio grazie a Solomon, la pop art si affermo' a livello
internazionale.
Una americanata destinata a fallire: questo il pronostico
di Corrado Cagli, in una intervista alla Rai nell'anno - il 1964
- in cui nessun italiano alla Biennale di Venezia vinse il
premio per la pittura mentre il Leone per miglior artista
straniero andò a Robert Rauschenberg, che Solomon, incaricato di
montare il Padiglione Americano, aveva portato in Laguna assieme
a Jasper Johns, John Chamberlain, Jim Dine, Morris Louis,
Kenneth Noland, Claes Oldenburg e Frank Stella occupando con le
loro opere anche la sede del consolato. Il governo degli
Stati Uniti e addirittura la Cia furono accusati di aver
orchestrato dietro le quinte la vittoria del texano.
'1962-1964', aperta fino a gennaio, raccoglie oltre 150 opere,
tutte realizzate o viste a New York in quei due anni, molte di
artiste donne come Louise Nevilson, Marisol, Faith Ringgold,
Marjorie Strider, Yayoi Kusama. A corredo le foto di Ugo Mulas
alla Biennale e prima ancora nei loft occupati da Rauschenberg,
Chamberlain, Roy Lichtenstein e George Segal a Lower Manhattan,
una zona minacciata dalla gentrificazione voluta dall'allora
sindaco Richard Wagner e l'urbanista Robert Moser.
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