Il settore moda cresce ancora, a
livello +6% quest'anno, ma è ancora in ritardo sul fronte
dell'economia circolare, che resta confinata al 3,5% del globale
(rivendita, noleggio, riparazione e remaking). Lo mette in luce
uno studio presentato oggi a Venezia dai ricercatori di The
European House - Ambrosetti, che ha valutato - ha spiegato il
coordinatpore Carlo Cici - le performance economico-finanziarie
di 2.700 aziende della catena di fornitura, valutando la
sostenibilità di 167 aziende della filiera italiana e
analizzando gli strumenti di gestione della sostenibilità delle
100 più grandi imprese europee. I risultati dello studio "Just
fashion transition" sono stati illustrati alla fondazione Cini
durante la prima edizione del forum "Venice sustainable fashion
forum". Ne emerge che a stimolare la moda sono soprattutto fast
fashion, digitale e giovani:
"C'è una crescita annua globale del settore intorno al 6% -
ha detto Cici - , con una contrazione dei prezzi, mentre
l'economia circolare resta confinata al 3,5% del globale.
Uno dei problemi rilevati riguarda la carenza dei dati: "È
disorientante - ha affermato il ricercatore - Le emissioni di
Co2 sono stimate tra il 2 e l'8%, non abbiamo trovato una
metodologia di calcolo. Anche la stima dei consumi idrici è tre
volte superiore (215 contro 79 miliardi di metri cubi). In
Europa il quadro è leggermente più stabile". Nello studio si fa
anche un esempio concreto a conferma della volatilità dei dati:
le stime del consumo d'acqua per necessario a produrre un paio
di jeans variano infatti da 3.781 litri, a una cifra cinque
volte maggiore, 20mila litri. Restando ai dati, si evidenzia
poi che su 19mila consumatori l'80% si dichiara preoccupato per
la sostenibilità, solo però una fetta minoritaria, tra l'1 e il
7% ha acquistato prodotti con prezzo maggiorato in quanto
sostenibili.
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