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Turetta: "Giulia voleva andare avanti senza di me, così l'ho uccisa'

Turetta: "Giulia voleva andare avanti senza di me, così l'ho uccisa'

"Volevo uccidermi ma i miei speravano di trovarmi vivo". Il legale dei Cecchettin: "Conta solo fare giustizia per Giulia"

VENEZIA, 23 giugno 2024, 13:40

Redazione ANSA

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Giulia Cecchettin e Filippo Turetta - RIPRODUZIONE RISERVATA

Giulia Cecchettin e Filippo Turetta - RIPRODUZIONE RISERVATA

Giulia "voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo. Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei. Che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me". Poi la lite, la colluttazione, uno, due, dodici, tredici colpi: "Era rivolta all'insù verso di me. L'ultima coltellata che le ho dato era sull'occhio. Era come se non ci fosse più. L'ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti".

 

Una descrizione fredda e tragica, quella che emerge dalla trascrizione del verbale di interrogatorio di Filippo Turetta, il giovane di Torreglia (Padova) accusato della morte di Giulia Cecchettin. Il testo è uscito oggi, a una ventina di giorni dalla celebrazione della prima udienza davanti al Gup di Venezia, dove Turetta dovrà rispondere di omicidio premeditato con l'aggravante della crudeltà, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. Nella confessione resa al sostituto procuratore Andrea Petroni il primo dicembre scorso, nel carcere di Verona, Turetta ripercorre il suo legame con Giulia, dal gennaio 2022 alla rottura nel 2023 e la serata trascorsa al centro commerciale. "La Nave De Vero" di Marghera, per fare shopping e cenare, fino alle 23.00. Al rientro, l'aggressione in due parti, prima in un parcheggio a Vigonovo, dove Giulia rifiuta i regali che lui vuole farle - due pupazzi a forma di scimmia, una lampada, un libretto per bambini. "Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei". Alle sue minacce di suicidio era uscita dall'auto: "Sei matto, vaff..., lasciami in pace". A questo punto lo scoppio di rabbia di Turetta, che con un coltello la colpisce a un braccio e rompe la lama - verrà trovata durante le ricerche - poi la fa cadere a terra. "L'ho caricata sul sedile posteriore - prosegue il racconto -, lei ha iniziato a dirmi 'cosa stai facendo? Sei pazzo, lasciami andare'".

La seconda sosta, il tentativo di chiuderle la bocca con lo scotch, lui prende un altro coltello e colpisce, stavolta a morte: l'autopsia dirà che i fendenti su Giulia sono stati 75, ben di più di quelli confessati. Poi carica il corpo nella Punto nera e inizia la fuga, proseguita con l'abbandono del cadavere in Friuli e poi fino in Germania, dove viene preso il 19 novembre. Dalle parole di Turetta sembra trapelare qualche tentativo di alleggerire la premeditazione: lo scotch acquistato "per attaccare il papiro di laurea", due coltelli in macchina "perché avevo avuto istinti suicidi", il cambio dei vestiti insanguinati "perché ne ho sempre uno con me". Racconta che a Barcis, prima di abbandonare il corpo di Giulia "mi sono fermato in un punto in cui non c'erano case, e sono rimasto un po' lì. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi", senza riuscirci. Anche in Germania Turetta avrebbe voluto suicidarsi con un coltello, stordendosi con sigarette e sambuca per frenare le inibizioni. "Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi - ha infine raccontato - ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ho avuto l'effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più, e ad essere arrestato". Le dichiarazioni, così come tutti gli altri elementi e consulenze, fanno parte del fascicolo processuale e sono note alle parti, dopo che un mese fa la Procura di Venezia ha chiuso le indagini preliminari e chiesto il rinvio a giudizio, in vista dell'udienza preliminare fissata per il 15 e 18 luglio prossimi.

Per l'avvocato Stefano Tigani, che assiste la famiglia Cecchettin "io preferisco concentrarmi sul processo che avremo a breve. Conta solo quello per me, che sia fatta giustizia per la dolce Giulia. A me quello interessa. A me gli scoop non interessano - ha aggiunto - mi interessa solo l'accertamento della verità". "Mi limito a ribadire che siamo sorpresi, perché in uno Stato di diritto i processi si celebrano nelle aule di giustizia e non nei salotti televisivi", è stato il commento dell'avvocata Monica Cornaviera, che assieme al professor Giovanni Caruso difende Filippo Turetta.

 


   

Il racconto di Turetta nei verbali

Turetta racconta quindi che era "molto arrabbiato. Prima di uscire anch'io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore, l'ho rincorsa, l'ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava aiuto ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo". Sarebbe quello il coltello trovato rotto in un parcheggio durante le prime perlustrazioni dopo la denuncia di scomparsa della ragazza.

Il racconto prosegue con il giovane che riferisce di aver preso Giulia "per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L'ho caricata sul sedile posteriore. In macchina lei ha iniziato a dirmi 'cosa stai facendo? Sei pazzo, lasciami andare'. Era sdraiata sul sedile. Poi si è messa seduta. Si toccava la testa. Pensavo solo a guidare. Poi ho iniziato a strattonarla a tenerla ferma con un braccio.  C'eravamo fermati in mezzo alla strada. Ho provato a metterle lo scotch sulla bocca. Non mi ricordo se se l'è tolto o è caduto da solo perché non l'avevo messo bene, è scesa e ha iniziato a correre. Anche io sono sceso. Avevo due coltelli nella tasca, e in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l'avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l'altro e l'ho rincorsa. Non so se l'ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto". E qui la decina di coltellate che hanno ucciso Giulia.

"Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Era rivolta all'insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L'ultima coltellata che le ho dato era sull'occhio. Era come se non ci fosse più. L'ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti", ha detto Turetta ai pm.

Lo scotch per legare il corpo di Giulia Cecchettin acquistato "per attaccare il papiro di laurea", i coltelli in macchine "perché avevo avuto istinti suicidi", il cambio dei vestiti insanguinati "perché ne ho sempre uno con me". Ma ha rinunciato a uccidersi nella fuga perché "i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo": è la versione che Turetta dà al pm nell'interrogatorio del primo dicembre scorso.

Turetta si riconosce nelle immagini ricavate dalle telecamere al distributore di benzina di Cortina d'Ampezzo. "I vestiti sporchi di sangue - ha precisato - li ho cambiati con altri che avevo in macchina. In auto ho sempre un cambio, coperte, qualcosa da mangiare, da bere". Il giovane ha poi riepilogato la sua fuga verso il luogo dove ha abbandonato il corpo di Giulia Cecchettin, dicendo che avrebbe voluto togliersi la vita: "Sulla strada per Barcis mi sono fermato in un punto in cui non c'erano case, e sono rimasto un po' lì. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, però anche dopo averlo stretto con lo scotch non sono riuscito, e l'ho strappato all'ultimo. Allora ho preso lei e sono andato a nasconderla". Infine, la fuga verso la Germania. "Avevo un pacchetto di patatine in macchina - ha dichiarato - e una scatolina con qualche biscotto. Non ho mai comprato nulla da mangiare. I soldi che avevo li ho spesi per rifornimenti di benzina. Volevo togliermi la vita con un coltello che avevo comprato, ma non ci sono riuscito. Pensavo che se avessi fumato e bevuto sambuca sarebbe stato più facile suicidarmi, ma invece ho vomitato in macchina. Ho aperto Google Chrome, cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ho avuto l'effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più, e ad essere arrestato".

Il legale dei Cecchettin: 'Preferiscono non commentare: fare giustizia per Giulia'

 "Io preferisco concentrarmi sul processo che avremo a breve. Conta solo quello per me, che sia fatta giustizia per la dolce Giulia. A me quello interessa". Lo ha detto all'ANSA l'avvocato Stefano Tigani, che assiste la famiglia di Giulia Cecchettin, commentando la pubblicazione del verbale di interrogatorio davanti al pm di Filippo Turetta. "A me gli scoop non interessano - ha aggiunto - mi interessa solo l'accertamento della verità". 

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