Sono cresciuti del14,34%, in poco
più di un anno, gli affitti brevi nel Veneto. Lo rileva
Confcommercio Veneto, sulla base dei dati analizzati con
l'Istituto Nazionale Ricerche Turistiche da settembre 2023 a
settembre 2024.
Complessivamente: dai 45.874 alloggi che risultavano censiti a
settembre 2023 in tutto il territorio regionale, si è passati ai
52.455 di settembre 2024, ovvero 6.581 alloggi in più con un
incremento del 14,34%.
E' anche vero, secondo Confcommercio, che tra agosto e
settembre 2024, in alcune province venete, è intervenuto un
seppur minimo arretramento che sembra più ascrivibile ad una
pausa post feriale che non ad un vero e proprio ripensamento dei
proprietari. Un dato sugli incassi non c'è, ci sono però i dati
sulle prenotazioni che indicano che Verona ha fatto il boom di
prenotazioni ad agosto (57.884) ma a a febbraio non è andata
oltre le 16.359. Idem per Venezia che a giugno ha registrato
93.287 prenotazioni contro le 32.152 di gennaio e le 39.883 di
febbraio. Padova invece sembra più qualificarsi come città
d'arte che merita un soggiorno: a settembre 2024 c'è stato il
numero di prenotazioni più alto (10.495), ma maggio è stato
sulla stessa lunghezza d'onda (10.081), e così anche per aprile
(8.526) e anche febbraio non sfigura (5-519). "Fermo restando
che la proprietà privata è intoccabile - rileva Patrizio Bertin,
presidente Confcommercio Veneto - resta aperta la questione che
riguarda la vivibilità delle nostre città. Appartamenti
affittati solo a turisti significa penuria di alloggi per i
cittadini, siano essi lavoratori, giovani coppie o studenti e
chiusura di negozi. E la chiusura dei negozi è l'anticamera
dell'abbandono al quale fa seguito il degrado.
Per cui: bisogna mettere delle regole che siano in grado di
evitare che le città diventino tante Disneyland senz'anima".
"Lungi dal criminalizzare il fenomeno degli affitti brevi - ha
detto Bertin - la nostra idea è che servono regole e,
soprattutto, serve pianificare. Togliere dalle nostre città i
residenti significa decretarne la fine perché è evidente che un
negozio di vicinato, una macelleria, o altri tipi di attività
avranno seri problemi così come non è pensabile che le città
possano essere solo costellate di bar e di esercizi che
propongono street food. Come non è pensabile che siano i comuni
a fronteggiare il fenomeno con le loro forze e con le loro
iniziative".
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