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Legge L'Aquila Capoluogo: Biondi, norma scritta male

Legge L'Aquila Capoluogo

Legge L'Aquila Capoluogo: Biondi, norma scritta male

Sindaco: si recuperino risorse. Lega: è stata presa in giro Pd

L'AQUILA, 30 ottobre 2019, 20:32

Redazione ANSA

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"La pronuncia della Corte Costituzionale sulla legge regionale per L'Aquila capoluogo, che ha bocciato la legge varata nell'estate 2018 dall'Emiciclo, deve diventare un'opportunità. Le risorse disponibili per questo territorio, non possono essere disperse". Così il sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi, sulla bocciatura della legge regionale approvata il 24 agosto dello scorso anno dalla precedente amministrazione di centrosinistra nella passata legislatura su disposizioni su "L'Aquila capoluogo: attraverso una ricostruzione, la costruzione di un modello di sviluppo sul concetto di benessere equo e sostenibile - Bes".
    "Quella disposizione era evidentemente scritta male, forse con scopi propagandistici e funzionali alle elezioni regionali del febbraio scorso. Esistono, però, spazi di manovra per recuperare le somme provenienti dal gettito del bollo auto, quasi 800mila euro. Mi rendo fin da ora disponibile a contribuire alla stesura di nuovo testo per L'Aquila, qualora il Consiglio regionale intendesse adottarne uno nuovo. L'obiettivo non deve essere quello di ribadire il ruolo di capoluogo abruzzese della città dell'Aquila, ormai acclarato, ma piuttosto, fornire un'opportunità di sviluppo. In maniera congiunta e condivisa, superando le superficialità commesse nel recente passato, potrà essere individuato il percorso migliore per sancire il ruolo e definire la visione per L'Aquila capoluogo". Per il deputato aquilano della Lega Luigi D'Eramo, coordinatore regionale salviniano, "si tratta di una presa in giro del Pd".
    "Gli esponenti del Pd si affrettarono a definire quella legge storica. Oggi abbiamo una risposta: sì, sarà ricordata come storica, ma solo perché costituirà una pietra miliare nella lotta alla politica delle promesse, degli annunci, delle scatole vuote, dell'approssimazione e delle prese in giro. La sentenza - commenta D'Eramo - è clamorosa nella sua chiarezza. Dice senza possibilità di replica che la legge esprime una mera ipotesi politica, non supportata da alcuna fattibilità giuridica ed economica, nemmeno minima".
   

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