(di Luca Prosperi)
(ANSA) - PESCARA, 24 MAR - "Dalla mia solitudine di studioso
eremita, ho l'impressione che questi bollettini di guerra
mediatici a volte fuorvianti, hanno il merito di aiutare la
gente a non sentirsi sola: i media in similitudine ma anche a
differenza di quanto accaduto durante la Spagnola ci stanno
insegnando che siamo comunità, paese globale. Perché se durante
la Spagnola la gente 'sapeva', era informata dai media come mai
prima, ma era sola, abbandonata, specie le classi minori che
morivano a milioni, oggi invece questo spavento non ci esclude
dagli altri". Lo racconta all'ANSA Mauro Canali, grande storico
del 900, tra i massimi mondiali del fascismo.
La tesi insomma è che "pur non escludendo disordini sociali,
allora la solitudine umana fu superiore. I media allora con la
Spagnola cambiarono la società definitivamente assieme alla
Guerra, oggi lo stanno rifacendo con una velocità incredibile:
con i social e i media tutti abbiamo paura, ma siamo partecipi,
non siamo passivi. Le autorità ribattono sui media una super
informazione che allora non c'era, o meglio oggi ci danno delle
soluzioni che al tempo della Spagnola non si sapevano, con
provvedimenti globali, scienziati in tv. Tutti sappiamo che i
media nel 900 sono stati decisivi, da Radio Londra ai discorsi
radio di Churchill o il Polesine e Firenze 66. Ma oggi
'l'attenzione' è coscienza planetaria come mai in precedenza".
Ci unisce la paura quindi, "perché la Spagnola cambiò la
consapevolezza dei rapporti promiscui , una volta per sempre.
Non fu la Spagnola a modernizzare i tempi, ma ci disse 'ecco la
piaga, state tutti attenti' e questo ebbe una ricaduta
formidabile sul prestigio dei media. Oggi si utilizza il covid
per pathos e non per razionalità, ma il terrore sparso
contribuisce a rendere partecipe tutti, globalizza la coscienza.
E' un grande momento per i media", insiste Canali.
Si direbbe che sia una fortuna questo coronavirus, se non
fosse una tesi tutta da spiegare. Ma uno storico prova sempre a
ragionare 'alto' e questa 'fortuna' ha un grande impatto sullo
studio, anche quello che verrà sulla pandemia. "Il coronavirus è
una grande fortuna per uno storico a prescindere dall'argomento
di cui si occupa. Lavoro 12 ore al giorno in totale
tranquillità, leggo tutti i documenti accumulati per il mio
prossimo lavoro sulle spie durante la Guerra Fredda senza la
foga della fretta, connetto fatti, fascicoli e persone, con una
serenità da eremita. Perché sì, lo storico è un solitario. Ho
più profondità nell'analisi e nel risultato. Il silenzio dei
social e del telefono è una benedizione. Nella tragedia
collettiva questo stop è positivo: uno storico può vedere poi
questa contemporaneità centellinando il suo lavoro e analizzando
da lontano quanto accade oggi".
"Accade che sparisce l'angoscia del tempo ristretto; una
manna per noi storici. Ma anche per un osservatore
contemporaneo. Si guadagna in qualità di studio. Ossia l'esatto
opposto della vita moderna - ammette dalla sua casa di Roma -
non ti distrai, sei più ordinato, è più difficile che ti sfugga
qualcosa, perché nella ricerca storica è tutto connessione,
tutto deve avere un senso. Oggi poi abbiamo come studiosi la
fortuna di vedere sotto ai nostri occhi una pandemia moderna dal
tempo della spagnola. Capisco i dubbiosi, ma per gli studiosi è
un grande momento", termina Canali. (ANSA).