"È davvero una sentenza
storica perché riconosce la responsabilità di un cittadino che
ha sparato a un orso, uccidendolo". Così commenta, in una nota,
il presidente del Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise
(Pnalm), Giovanni Cannata, all'indomani della sentenza con cui
la Corte d'Appello dell'Aquila, pur dichiarando inammissibile il
ricorso presentato contro l'assoluzione di primo grado sancita
dal Tribunale di Sulmona nel 2018, ha riformato le statuizioni
di natura civile condannando l'uomo al risarcimento da
calcolarsi in separata sede. "Il riconoscimento delle
responsabilità, oltre a fissare un principio ineccepibile com'è
il rispetto della vita di un orso - prosegue Cannata - dà conto
anche del lavoro investigativo svolto dal personale dell'ex
Corpo Forestale dello Stato che riuscì a ricostruire tutti i
passaggi della vicenda e individuare il responsabile, che non ha
mai negato di avere sparato all'orso".
"La sentenza - secondo il presidente del Pnalm - è anche uno
sprone a migliorare l'azione di tutela da parte del Servizio di
Sorveglianza del Parco e dei Carabinieri Forestali impegnati
nelle aree protette".
L'uccisione avvenne nel settembre 2014 a Pettorano sul Gizio
(L'Aquila); la Corte d'Appello ha accertato la responsabilità
civile dell'imputato condannandolo a risarcire il Parco e le
Associazioni che si erano costituite parte civile, oltre che a
pagare le spese processuali. "Purtroppo, a causa di un vizio di
forma, la condanna è solo civile e non penale - aggiunge Cannata
- ma possiamo dire che è una sentenza storica, perché finalmente
rende giustizia alla tutela di una specie protetta, riformando
in modo sostanziale la sentenza del Tribunale di Sulmona che nel
2018 aveva assolto l'imputato, destando sconcerto e
preoccupazione per i possibili risvolti. C'era un evidente
rischio di compiere la generalizzazione secondo cui uccidere un
orso non è reato, con gravissime conseguenze che si possono
immaginare. Per fortuna così non è stato".
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