(di Claudio Lattanzio)
Oltre un metro di neve con i
cannoni dell'impianto di innevamento artificiale più grande
d'Europa che che hanno continuato a sparare anche in questi
giorni. Condizioni ideali per salvare una stagione invernale
condizionata dall'emergenza sanitaria. Si doveva ripartire il 18
gennaio e sarebbe stata una grande ripartenza, ma con l'ultimo
Dpcm è stato deciso che gli impianti di risalita abruzzesi, i
più importanti del Centro-Sud, dovranno restare fermi ancora per
un mese. Se tutto andrà bene se ne riparlerà il 15 febbraio.
Ma la parte interna dell'Abruzzo che fonda la sua economia
sulla montagna è ormai in ginocchio e rischia il tracollo.
L'altalena del "si apre e non si apre" ha finito per rendere la
situazione ancora più drammatica con imprenditori, albergatori e
dipendenti stagionali che non sanno più a che santo votarsi.
A lanciare il grido d'allarme è il direttore degli impianti
di risalita dell'Aremogna Roberto Del Castello: "Oggi doveva
essere la giornata della ripresa, ci abbiamo sperato fino a tre
giorni fa e poi ci hanno confermato la chiusura ancora per un
mese. Siamo demoralizzati perché si continua a demonizzare la
montagna nonostante, con grandi sacrifici economici, abbiamo
fatto tutto quello che ci era stato detto di fare adottando un
protocollo di sicurezza tra i più restringenti per evitare il
rialzo della curva pandemica. Evidentemente - incalza Del
Castello - chi deve decidere ancora riesce a capire che non è la
montagna che crea i contagi. Ogni giorno continuo a ricevere
decine di telefonate di persone disperate che ci chiedono di
poter lavorare, ma se non si riaprono gli impianti e le baite
possiamo fare ben poco. Dobbiamo solo sperare che la pandemia
rallenti la morsa in modo che il governo possa essere un po' più
lungimirante rispetto a quello che sta avvenendo nelle regioni
che vivono con l'economia espressa dalla montagna. Bisogna
ricordare che ogni euro speso per l'acquisto dello ski pass -
precisa il direttore degli impianti di risalita dell'Aremogna -
produce altri nove euro per l'indotto. Ciò significa che con gli
impianti chiusi all'economia del territorio vengono a mancare
27/30 miliardi e con i 3 miliardi stanziati per il settore dal
governo si riuscirà a fare ben poco. Siamo davanti un tracollo
finanziario che provocherà tanto disastro sia nelle famiglie sia
nella microimpresa. Fino ad oggi il Centro Abruzzo ha già perso
il 60% di quello che era il preventivato e il crack è già stato
fatto. Contiamo e speriamo che con la riapertura degli impianti
di risalita prevista per il 15 di febbraio si possano limitare i
danni - conclude Del Castello -. Anche perché c'è tanta voglia
di sci e se le promesse saranno rispettate, l'ultimo mese e
mezzo di stagione potrà garantire ossigeno vitale all'intera
filiera che gravita attorno all'economia della montagna".
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