"Si creò una cesura che, da
allora, rimase tema centrale nella vita politica aquilana. Così
come è ancora viva la sindrome dello scippo, giunta fino agli
anni più recenti, in cui c'è stata la necessità di ribadire con
una legge, ferma in Consiglio regionale, che L'Aquila sia il
capoluogo d'Abruzzo". A sottolinearlo all'ANSA è il deputato del
Pd Stefania Pezzopane, che rievoca i giorni dei moti
dell'Aquila; all'epoca aveva 10 anni.
"Furono chiuse le scuole per oltre una settimana - ricorda -
ma la sensazione di vacanza, per noi bambini, svanì subito
perché nelle parole dei nostri genitori era palpabile la paura.
Anche le feste di famiglia furono sospese. Comunioni, incontri,
tutto si fermò in città. L'atmosfera era di paura. Ricordo
distintamente un corteo davanti a San Bernardino. Io ero in
macchina con io fratello e alla guida c'era mio padre, il quale
alla vista della folla pressante si spaventò moltissimo e ci
riportò subito a casa".
"La memoria di quella vicenda però - sottolinea la Pezzopane
- già pochi anni dopo quando iniziai a far politica al ginnasio,
era fortissima. A cominciare dalla porta della sede del Partito
Comunista Italiano, in via Paganica, data alle fiamme. La stessa
porta è rimasta fino al terremoto del 2009 e nonostante le
riverniciature portava sempre i segni dell'incendio".
"Questa vicenda - aggiunge ancora - si ricordava
costantemente nei racconti e negli aneddoti dei compagni di
partiti, ma anche della gente comune, come un marchio di
discriminazione e ingiustizia fatta al Capoluogo. Gli storici
dirigenti del PCI, tra i quali Italo Grossi, Rocco Buttari,
Alvaro Iovannitti, Federico Brini, raccontavano che in quei
giorni, dopo l'incendio del portone del PCI, dovettero
personalmente presidiare la sede per evitare altre violenze. La
città si sentiva a rischio per la sua sicurezza sociale. Il
trasferimento, in parte degli assessorati e del consiglio
regionale a Pescara, fu avvertita come una profonda ingiustizia
dal popolo aquilano. Quella è stata la prima volta in cui
L'Aquila ha compreso che a causa della sua dimensione e per gli
scarsi numeri politici che la rappresentavano, doveva
restringere le proprie aspettative".
Secondo la Pezzopane "nel dibattito sociale e politico la
cesura tra aerea costiera e interna non è mai stata ricucita.
Bisogna dar merito a quei politici, tra i quali Luciano
Fabbiani, che si presero la responsabilità di operare una
mediazione politica, mettendoci la faccia, che fu la salvezza
del capoluogo in quel momento". "Il rischio, infatti, a causa
dei pochi numeri di rappresentanza, era quello di perdere
completamente il ruolo di capoluogo di Regione. Il popolo non
capì subito, ci vollero anni di lavoro concreto e militanza per
riconquistare la fiducia degli aquilani. Una fiducia forse
riacquisita, ma accompagnata da un senso di penalizzazione,
ancora oggi".
"In questi cinquant'anni - conclude - molte scelte hanno
fatto passi avanti nel riequilibrio territoriale, ma così come i
gamberi, in altri momenti si è tornati indietro sulla
divisione. Oggi andrebbe superato quel campanilismo, che
L'Aquila ha subito anche nel 2020 con la realizzazione di un
ospedale Covid a Pescara. Ancora non ci si sente tutti
abruzzesi".
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