L'interporto di Avezzano
(L'Aquila) hub nazionale e internazionale per un'emergenza
umanitaria, questa volta quella legata alla guerra in Ucraina.
Dopo aver ospitato nell'estate 2021 migliaia di profughi afghani
in fuga da Kabul, la struttura della Marsica che fa capo alla
Croce Rossa è diventato il centro per lo smistamento degli
aiuti, provenienti da raccolte in tutta Italia, da inviare in
Ucraina. In particolare, da Avezzano sono partiti due convogli -
il primo costituito da 5 tir gestito dalla Croce Rossa nazionale
e il Dipartimento di Protezione civile nazionale, il secondo, di
4 tir, dalla sola CRI - diretti in Romania, dopo aver raggiunto
Gorizia, in una zona al confine con l'Ucraina. Secondo quanto si
è appreso, alcuni sono riusciti a entrare nei territori di
guerra e hanno scaricato i beni, altri sono al confine in attesa
di ricevere l'ordine di entrare in zone molto pericolose: nei
grandi mezzi sono stati caricati tende, brandine, coperte,
sacchi a pelo, una trentina di bancali di farmaci e generi
alimentari a lunga scadenza, oltre che centinaia di kit di primo
soccorso per l'automedicazione.
A gestire la spedizione in quello che è considerato "un
centro di operazioni di emergenza" della CRI nazionale è stato
tra gli altri il presidente della Cri abruzzese, Gabriele
Perfetti. "Siamo di fronte a una tragedia - spiega Perfetti -
Ringrazio in maniera sentita la generosità degli abruzzesi e
degli italiani, ma sottolineiamo che l'aiuto deve essere
coordinato e pianificato. Attualmente, la nostra richiesta è
provvedere con la raccolta fondi, per il resto bisogna capire i
bisogni che andremo a rilevare. Prima entriamo nel Paese, poi
chiediamo l'occorrente. Raccogliendo i fondi ne disponiamo
laddove rileviamo il bisogno. E lo facciamo acquistando in loco,
quindi risparmiando spese di trasporto, a partire dal
carburante, che sono molto onerose. Raccogliendo qualsiasi cosa
abbiamo il problema logistico e del trasporto a costi elevati,
si rischia di accumulare beni che non possono essere smistati
nell'immediatezza, non sapendo effettivamente cosa serve.
Bisogna considerare che abbiamo ospedali da campo ai confini e
non possiamo entrare per soccorrere la tante povere persone
rimaste bloccate in mezzo alle bombe e ai raid. In tal senso,
speriamo molto nell'apertura immediata dei corridoi umanitari"
conclude Perfetti.
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