Il decremento della popolazione,
in Abruzzo, è dovuto principalmente al deficit di 'sostituzione
naturale' tra nati e morti. Questa tendenza è stata
ulteriormente aggravata dalla pandemia da Covid-19. L'eccesso di
decessi, direttamente o indirettamente riferibile alla pandemia,
ha comportato l'incremento del tasso di mortalità dall'11,3 del
2019 al 12,4 per mille del 2020, con il picco del 12,8 per mille
della provincia dell'Aquila. E' quanto emerge dal censimento
permanente della popolazione in Abruzzo curato dall'Istat e
riferito al 2020.
Sulla natalità gli effetti sono meno immediati e il calo
delle nascite, registrato anche nel 2020, è riconducibile
soprattutto a fattori pregressi, come la sistematica riduzione
della popolazione in età feconda, la posticipazione nel progetto
genitoriale e il clima di incertezza per il futuro. Tra il 2019
e il 2020 il tasso di natalità è sceso dal 6,6 al 6,4 per mille,
con un calo maggiore nelle province di Chieti (da 6,4 a 6,1) e
Teramo (da 6,7 a 6,4 per mille). A Pescara il dato è invariato
(6,8), mentre all'Aquila aumenta debolmente (da 6,3 a 6,4).
I movimenti tra comuni - emerge dai dati Istat - si sono
ridotti drasticamente durante la prima ondata della pandemia, a
causa del lockdown di marzo che ha ridotto al minimo la mobilità
residenziale, per poi riprendere nei mesi successivi.
Il tasso migratorio interno, da -1 per mille del 2019, si
attesta a -0,1 per mille nel 2020, oscillando tra -0,4 per mille
della provincia di Teramo a 1,2 di Pescara. Le ripercussioni
sono state molto più rilevanti sui movimenti migratori
internazionali. Il tasso migratorio estero, pur rimanendo
positivo in tutte le province, si riduce in modo consistente
rispetto al 2019 (dal 2,4 al 1,3 per mille), in particolare
nella provincia di Teramo (da 2,9 a 1,3 per mille).
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