"Non è possibile, sul network di
Bitcoin, scambiare dollari contro Bitcoin né tantomeno il
contrario e servono, in particolare per cifre di quelle
dimensioni, interventi di intermediari che possano offrire anche
una certa liquidità. Se è vero che esistono anche intermediari
che provano a sfuggire alle regole, il caso del sequestro della
GdF di Pescara ci dimostra come difficilmente Bitcoin possa
essere un veicolo di riciclaggio di denaro sporco o ottenuto
illegalmente". A spiegarlo è l'analista ed esperto Bitcoin di
Criptovaluta.it, Gianluca Grossi, interpellato dall'ANSA in
merito al sequestro di un conto corrente lituano con tre milioni
di euro provento di attività illecita di una banda sgominata
mesi fa per la maxi-frode internazionale di auto di lusso sul
mercato europeo.
"Al contrario - aggiunge - la necessità di passare da
intermediari strutturati ha reso il lavoro della Guardia di
Finanza più semplice. I finanzieri di Pescara hanno effettuato
un intervento su un comune conto corrente che, tra le altre
cose, era abilitato anche al trading di Bitcoin. Sono operazioni
finanziarie che non avvengono sulla rete di Bitcoin e non
vengono iscritte sulla blockchain, ovvero sulla catena di
blocchi di transazioni che è mantenuta in copie multiple da
tutti i nodi completi della rete. Per comprare certe somme di
Bitcoin si passa comunque dalle banche, che permettono alle
forze dell'ordine, come in questo caso, di recuperare i proventi
di un'attività illecita".
Grossi poi sottolinea che spesso "Bitcoin viene associato al
trasferimento di denaro di provenienza illecita, ma è vero il
contrario". "La maggioranza del traffico illecito avviene
tramite banche - precisa - che se compiacenti offrono un porto
più sicuro al crimine. Secondo quanto diffuso da Chainalysis
sarebbe di circa 10 miliardi di dollari il valore di Bitcoin e
criptovalute di provenienza illecita, a fronte di un mercato che
vale circa 1.800 miliardi di dollari. Ovvero poco più dello
0,5%".
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