E' di oggi la notizia della
perquisizione della Polizia nelle abitazioni di un 28enne
friulano ritenuto autore di minacce su Instagram a Bruno
D'Alfonso, figlio dell'appuntato dei carabinieri Giovanni
D'Alfonso, caduto il 5 giugno 1975 ad Arzello di Melazzo
(Alessandria) in un conflitto a fuoco con appartenenti alle
Brigate Rosse, circostanza in cui morì anche Margherita Cagol,
moglie di Renato Curcio.
Sulla vicenda di Giovanni D'Alfonso, originario di Penne
(Pescara), il giornalista Fabrizio Santamaita ha allestito lo
storytelling "L'abruzzese che affrontò le B.R. - Storia di un
eroe dimenticato", presentato e accolto con grande interesse lo
scorso 10 novembre a Pescara al FLA-Festival di letterature ed
altre cose. E domani, sabato 3 dicembre, la performance, di 50
minuti, si ripeterà alle ore 18 nel Salotto dei Sognatori, in
via Adriatica 66, a Francavilla al Mare (Chieti). Saranno
presenti anche i tre figli del militare, Cinzia, Bruno e Sonia,
e la vedova, Rachele Colalongo.
Il 5 giugno 1975, in una cascina di campagna ad Arzello di
Melazzo (Alessandria), ci fu un violentissimo conflitto a fuoco
tra due membri delle Brigate Rosse e quattro carabinieri, tra i
quali D'Alfonso. Le Brigate Rosse, ricorda Santamaita nel suo
lavoro, per autofinanziarsi avevano progettato il rapimento
dell'industriale piemontese Vittorio Vallarino Gancia, titolare
dell'omonimo marchio di spumanti. Una pattuglia dei carabinieri
arrivò casualmente nel covo in cui Gancia era tenuto
prigioniero. "Il resto è storia, tragedia ed eroismo. La vicenda
ha diverse sottotrame e presenta ancora oggi dei lati oscuri,
sui quali la magistratura è tornata a indagare proprio in questi
giorni interrogando alcuni ex brigatisti".
La narrazione è stata ispirata dalla lettura del libro
"Brigate Rosse. L'invisibile" di Simona Folegnani e Berardo
Lupacchini ed è corredata da rari documenti d'epoca, tra i quali
tre disegni fatti da un misterioso membro delle B.R. per
ricostruire graficamente lo svolgersi della sparatoria.
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