Le investigazioni, i pedinamenti e
le intercettazioni telefoniche ed ambientali di oltre 700.000
conversazioni, hanno svelato i rami del business del clan
Moretti - Lanza - Pellegrino nel pescarese: usura, estorsione,
ricettazione ed intestazione fittizia di beni.
Un giro d'affari milionario che, nel tempo, ha consentito alla
cosca foggiana di infiltrarsi nel tessuto socio economico del
capoluogo adriatico, inquinandone, con il metodo mafioso, la
realtà produttiva, tramite sia i traffici illeciti sulle piazze
locali, che gli investimenti nelle attività imprenditoriali di
spicco del territorio.
Tra queste, anche quella di una nota famiglia di imprenditori
pescaresi del settore della ristorazione, vittima di tassi
d'interesse fino al 600% al mese. Per un prestito di 100 mila
euro, infatti, non potendo onorare il debito, gli imprenditori
sono stati costretti a chiudere la partita con gli strozzini,
simulando un comodato ad uso gratuito a tempo indeterminato
prima, e, un contratto di affitto dopo, dell'appartamento di
proprietà nel centro di Pescara, dal valore di 400-500 mila
euro.
In molti casi poi, alcuni imprenditori sono stati bersaglio di
minacce, aggressioni ed estorsioni; altri hanno dovuto assumere
come dipendenti i loro usurai o persone a loro riconducibili.
L'impiego, spesso puramente formale, ha permesso a qualcuno di
questi la percezione indebita dei contributi previsti per il
sostentamento dell'emergenza Covid, senza andare mai a lavorare.
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