Dietro al bancone era un
"cacciaparole", di quelle persone consapevoli che il lavoro di
barista va ben oltre la semplice somministrazione.
Barzellette eleganti, caffè dalle tre c ("cavolo come coce")
e un'atmosfera che sapeva di casa avevano fatto breccia nel
mosaico cittadino. Il suo L'Aquila Bar era posto all'inizio
della Rotonda, lì dove strade della città si intrecciano e i
destini, in qualche modo, si fondono. Un luogo che ha visto
passare il tempo con grazia e gentilezza, accogliendo le risate
e le storie di una comunità intera. E la saracinesca del bar,
rimasta abbassata già da 11 anni, segna ancora adesso una
pietra miliare nella storia cittadina. Luciano Pitone - Pitò per
tutti - scomparso ieri all'Aquila, quella pietra se l'era
scolpita giorno dopo giorno, per oltre 50 anni. Sin dal 1963,
quando insieme a suo padre Nello aprì le porte del bar per la
prima volta in via Fontesecco. Il trasloco del locale in viale
della Croce Rossa nel 1986 ha segnato un nuovo capitolo nella
storia del bar.
La nuova posizione, a ridosso della Rotonda appunto, è
diventata un punto di riferimento per calciatori, rugbisti e
tifosi, un luogo di ritrovo dove le passioni sportive si
intrecciavano con le amicizie sincere. E così, tra una partita e
l'altra, il bar di Pitò è diventato il cuore pulsante della vita
sociale aquilana. Nella nuova location il bar divenne il punto
di riferimento per lo sport in città. "Questo era il covo
dell'Aquila Calcio - ricordava volentieri ai suoi clienti -
specialmente dal '90 al '94 quando la squadra tornò in serie C.
Eravamo una famiglia. Ci si vedeva la sera, i giocatori ci
venivano a trovare con mogli e fidanzate, ufficiali e non. E poi
venivano spesso anche quelli della palla ovale".
L'evoluzione della città nel post-sisma ha reso le cose più
difficili, in quanto molti bar si sono ricollocati tra il viale
della Croce Rossa e Corrado IV. Di qui la scelta di chiudere nel
2013, cosa che non ha evitato a Pitone, di ricevere - dieci anni
più tardi - l'onorificenza dell'Aquila di Diamante per il
commercio. Ma più delle medaglie e dei riconoscimenti, ciò che
in questi anni è mancato agli aquilani sono i momenti condivisi
nel bar.
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