"Mi aspetto una presa di
coscienza sulla gravità della mancanza di attenzione. Non è che
se smettiamo di parlare di mafie i capitali criminali smettono
di inquinare l'economia legale". Lo ha detto Roberto Saviano
oggi a Sulmona (L'Aquila) per l'anteprima nazionale del suo
nuovo recital 'Appartenere - la vita intima del potere
criminale' - prodotto e distribuito da Savà Produzioni Creative
e tratto dal libro 'Noi due ci apparteniamo' (Fuoriscena),
firmato dallo stesso autore.
Saviano disegna un quadro preciso della criminalità
organizzata alle prese con la questione più spinosa e delicata
che le si possa presentare: quella del sentimento. "Sesso e
amore nelle mafie - ha spiegato in un'intervista al magazine The
Walk of Fame - hanno una declinazione che non è secondaria nelle
dinamiche criminali".
Un recital, in scena stasera alle 21 al Teatro Caniglia, che
mira a stimolare una presa di coscienza. "Il silenzio sulle
mafie che stiamo vivendo in questi ultimi anni, è il più grande
favore che politica e informazione possano fare alle
organizzazioni criminali - spiega -. Soprattutto in tempo di
crisi economica, come quello che stiamo vivendo. C'è una tale
assuefazione che nemmeno più il sangue versato genera scandalo:
a Napoli, nel quartiere dello stadio 'Maradona', Fuorigrotta,
qualche giorno fa una donna è stata ferita in uno scontro a
fuoco in un parchetto tra scivoli e altalene, in pieno giorno.
Una guerra tra clan per il controllo delle piazze di spaccio. La
notizia è stata trattata come fatto del tutto marginale. E
mentre i partiti si combattono con le armi del giustizialismo,
le mafie ringraziano".
In questi giorni, Saviano è intervenuto anche sulla
determinazione a collaborare con la giustizia di uno degli
esponenti più illustri del clan Casalesi, Francesco Schiavone
detto Sandokan, recluso nel carcere di L'Aquila. "Dopo 26 anni
di 41bis - ha detto - è difficile credere che una collaborazione
possa davvero essere cruciale, perché è difficile credere che
sia avvenuta per necessità diverse dal freddo calcolo.
Intendiamoci, dietro ogni collaborazione c'è calcolo, ma a caldo
è diverso, dopo poche settimane dall'arresto è un conto; dopo 26
anni la sensazione è che Sandokan si voglia fare la vecchiaia
fuori da una cella".
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