La Asl di Pescara è stata
condannata a risarcire di oltre 900mila euro i familiari di una
donna morta nel 2010 a causa di un'infezione contratta mentre
era ricoverata in ospedale. I parenti della vittima, assistiti
dall'avvocato Andrea Colletti, ex deputato ed esperto in casi di
malasanità, avevano avviato un'azione contro la Asl: in primo
grado il giudice aveva dato ragione all'azienda sanitaria, ma,
presentato l'appello contro la sentenza, la Corte d'Appello
dell'Aquila ha ribaltato quel pronunciamento.
La donna, 71 anni, a partire dall'ottobre del 2010 -
ricostruisce il legale in una nota - fu sottoposta ad alcuni
ricoveri all'ospedale di Pescara per una serie di problematiche.
Successivamente fu dimessa, ai fini del ricovero in una Rsa. Lì
le sue condizioni si aggravarono e scattò il trasferimento
all'ospedale di Chieti, dove morì il giorno di Natale dello
stesso anno a causa delle complicanze dovute ad uno shock
settico determinato da un'infezione da stafilococco aureo.
Avviata l'azione contro la Asl di Pescara, in primo grado il
Tribunale aveva ritenuto di escludere, sulla base della perizia
presentata, che l'infezione fosse stata contratta nell'ospedale
del capoluogo adriatico e che ci fossero state negligenze da
parte del personale sanitario, respingendo così la richiesta di
risarcimento. L'avvocato Colletti, per conto dei suoi assistiti,
ha poi presentato appello. Nel suo pronunciamento, la Corte
d'Appello dell'Aquila ha riconosciuto "la negligenza,
imprudenza, imperizia dei sanitari della Ausl di Pescara" ed ha
dichiarato la sussistenza del "nesso di causalità tra
l'inadempimento dei sanitari e della struttura ed il decesso". I
giudici hanno quindi disposto il risarcimento in favore dei
familiari per circa 900mila euro.
"Le infezioni ospedaliere - commenta l'avvocato Andrea
Colletti - negli ultimi anni sono una delle principali
problematiche a cui si assiste nelle strutture sanitarie e sono
tra le maggiori cause di decessi. Le statistiche pre-covid
affermano che circa 11mila decessi in Italia avvengono a causa
di infezioni ospedaliere. Dai dati più recenti emerge che la
situazione è addirittura peggiorata. La vicenda in questione,
risalente al 2010, dimostra comunque che se ci fosse più
attenzione, sia ai percorsi terapeutici sia ai rischi di
contaminazione, si salverebbero delle vite e, al contempo, si
eviterebbero le spese per il trattamento e gli aggravamenti
causati dalle infezioni e quelle per i risarcimenti".
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