"Sono un figlio
dell'Abruzzo, ma vivo da anni in 'esilio' a Roma". Così Mimmo
Locasciulli, premio Tenco 2024, intervistato a margine del corso
di formazione 'Musica e parole, le produzioni dialettali in
Abruzzo: l'informazione attraverso la tradizione orale',
organizzato a Villa Santa Maria dalla Fondazione 'Peppino
Falconio' in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti
d'Abruzzo.
Rispondendo alle sollecitazioni di Emiliano Falconio,
giornalista e fondatore con i fratelli Francesco e Stefano
dell'ente, Locasciulli ha parlato a tutto tondo del suo rapporto
con l'Abruzzo. "Quando sono stato invitato a questo evento e ho
sentito la storia di Peppino Falconio - ha spiegato - delle
attività nel campo enogastronomico e culturale della fondazione
con il suo nome, ho accettato volentieri. Mi porto dentro tutta
quella che è stata la mia infanzia, la mia adolescenza e quello
che sono è il risultato dei tramonti, dei venti, degli odori e
dei sapori dell'Abruzzo. Penso in dialetto pennese e traduco in
italiano".
"Ero molto curioso - ha sottolineato il cantautore - di
vedere che tipo di esperienza di musica dialettale proponesse
Disangro. Michele Avolio è il classico, Disangro è lo
sperimentale, bravissimi entrambi. A Disangro faccio gli auguri
perché questo è un campo molto difficile anche perché il
dialetto abruzzese, e la musica che ne deriva, è considerato
lingua minore derivante quasi dal napoletano come se non avesse
una sua dignità, ma non è così. Ci vuole sincerità e coraggio.
Se non sei sincero il pubblico capisce che c'è un tentativo di
mistificazione e se non c'è coraggio ti fermi dopo i primi
inciampi. Allora sincerità alla base di tutto e credere fino in
fondo a quello che si sta facendo".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA