"L'uccisione dell'orsa
Amarena rappresenta un gesto sconsiderato per diverse ragioni,
sia d'interesse scientifico, sia sociale, sia economico; ma
soprattutto è la manifestazione di una pericolosa sottocultura
che continua a privilegiare un approccio violento alle
problematiche, che pure sussistono, nel rapporto uomo-natura".
Lo sostiene in una nota il presidente del Parco Nazionale della
Maiella, Lucio Zazzara.
"L'Abruzzo - spiega - è una regione particolare e molto
fortunata in questo senso poiché è caratterizzata da una
geografia che da sempre ha reso possibile l'insediamento umano e
lo sviluppo di una natura esuberante; una natura che ha saputo
sempre rinascere dopo gli sconvolgimenti della geologia, del
clima e dell'azione umana. Un vero capitale che è stato difeso e
incrementato nell'ultimo secolo e che, grazie anche all'azione
di alcuni Enti -come i Parchi-, delle varie Riserve,
dell'impegno di singoli e Associazioni, rappresenta oggi una
risorsa importante e capace più che mai di restituire valore
agli abitanti".
"Una situazione - aggiunge - in cui sempre più chiaramente si
è rivelata la possibilità di una pacifica convivenza tra le
esigenze dell'insediamento antropico e, anzi, la necessità di
elaborare una nuova visione di un territorio in cui tutto è
unito e compatibile; uno spazio in cui convivono le attività
umane da sempre considerate 'invasive' - come le città, le
infrastrutture, i sistemi produttivi - con le più incredibili e
felici espressioni della natura, anche selvaggia".
"Abbiamo scoperto - sottolinea - soprattutto negli ultimi
anni, che tutto questo rappresenta oltre che una condizione
privilegiata di vita un vero e proprio motore economico; una
forza capace di sviluppare nuove economie legate ad attività di
turismo sostenibile. Abbiamo goduto di una crescente capacità
attrattiva dei nostri territori ed abbiamo compreso che la
nostra capacità di lavorare per essere sempre più integrati con
la nostra natura ed i nostri successi nella promozione dei
nostri beni (storici, tradizionali, artistici, religiosi,
enogastronomici) poteva salvarci dall'abbandono e dalla perdita
irrimadiabile del patrimonio stesso. Abbiamo preso
definitivamente coscienza che l'orsa Amarena, insieme a tutta la
biodiversità di cui faceva parte (fatta di un'intera
complessità, comprendente piante, animali, società umana, pietra
e vitalità diffusa) rappresentava il simbolo di una realtà
nuova; di un mondo possibile in cui si può guardare con speranza
al futuro nostro e dei nostri figli e nipoti".
"Abbiamo fatto di tutto - sostiene aancora - per custodire
questa grande risorsa; soprattutto i Parchi che oggi hanno come
principale impegno quello di ridurre al minimo le conflittualità
che una simile situazione inevitabilmente produce; di correre ed
essere disponibili per sostenere le esigenze di chi non riesce
ancora a gestire del tutto il rapporto tra i propri interessi
-pur minimi- e quelli di programmi di tutela più generali. In
questo faticoso lavoro quotidiano abbiamo stabilito patti di
condivisione e collaborazione con categorie oggettivamente
esposte -come agricoltori, apicultori, piccoli allevatori e
pastori-; una serie crescente di successi che si sono tradotti
nel recupero di antiche attività come nello sviluppo di nuove,
nella crescita di un nuovo sistema ricettivo come nella scelta
(per un numero crescente di persone) di eleggere i nostri
territori per abitarci e lavorare. Tutto questo è avvenuto senza
mai prendere scorciatoie -né da parte di chi si occupa di
tutela, né da parte di chi vive sul territorio-; senza mai
invocare l'esigenza di azioni sbrigative ma coltivando lo
studio, la conoscenza e la comunicazione. Spingendo avanti la
consapevolezza culturale del senso delle nostre scelte e delle
possibilità che ne possono derivare".
"Nessuno - conclude Zazzara - può decidere di far prevalere
la propria incapacità di convivenza con tutto questo
imbracciando un fucile e dando sfogo ai propri demoni. Uccidere
l'orsa Amarena ha prodotto enormi danni al sistema perché ha
interrotto un importante passaggio della biodiversità abruzzese,
ha distrutto un importante risultato delle politiche di tutela
di una specie a rischio di estinzione, ha privato la Comunità
regionale di un pezzo di paesaggio attrattivo e produttivo, ha
prodotto un danno al futuro di tutti noi".
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