(di Giovanni Franco)
(ANSA) - PALERMO, 12 GIU - "I primi morti ammazzati che ho
fotografato? Gli omicidi avvenuti il 29 dicembre 1982 del
fratello di Masino Buscetta, Vincenzo, e del nipote Benedetto:
furono massacrati nella vetreria della famiglia a Palermo. Una
vera e propria mattanza", ricorda il fotoreporter Franco Lannino
che insieme al suo collega Michele Naccari, prima con l'agenzia
Publifoto e poi con studio Camera hanno raccontato uno spaccato
di quegli anni cupi della guerra di mafia in Sicilia.
Una selezione di quegli scatti, quaranta stampati su tela,
in rigoroso bianco e nero con le descrizioni audio che si
possono ascoltare attraverso un app, fa parte adesso della
mostra dal titolo inequivocabile "Macelleria Palermo", a Palazzo
Naselli, dal 24 giugno al 22 luglio dalle 16,30 alle 19,30.
"Una iniziativa autoprodotta - dicono Lannino e Naccari -
non è la solita mostra, è una full immersion nell'orrore
spiegata a coloro che non ne sanno nulla di quel periodo". I due
cronisti per arrivare tra i primi sulle scene del crimine
stavano collegati allo scanner per ascoltare le comunicazioni di
polizia, carabinieri e vigili del fuoco. Quando scattava
l'allarme partivamo a razzo, con l'adrenalina alle stelle, con
le moto o l'automobile e a volte eravamo proprio noi a
segnalare i delitti ai quotidiani. Una sorta di prenotazione per
vendere il nostro servizio".
La foto del cadavere doveva essere scattata in pochi
secondi. Poi si correva a sviluppare il rullino e a stampare il
fotogramma che a volte portavano ancora bagnato alle testate
giornalistiche tra le quali l'ANSA. In quegli anni i mezzi di
informazione mostravano quelle immagini molto dure in copertina.
"Quantu 'nni murieru... quantu 'nn'ammazzaru... (Quanti ne
sono morti... quanti ne hanno ammazzati... ndr) L'Ora, morti e
feriti... Accattativi 'u L'Ora (Comprate LOra ndr)", urlavano
gli strilloni mostrando le copie dei giornali appena stampati
nella tipografia di piazzetta Napoli, dove c'era la redazione
del quotidiano della sera palermitano.
";La fotografia di Lannino e di Naccari è il ritratto di una
città che si è specchiata nel suo stesso sangue, è un modo di
intendere la realtà senza pose, senza trucchi ideologici, senza
peripezie letterarie - afferma il curatore della mostra,
Alessandro de Lisi - nelle fotografie di mafia, di giudici
solissimi e di ammazzatine il ritratto di Palermo non è quello
della città degli eroi che abbiamo inventato in seguito,
piuttosto è ancora quella 'macelleria' che noi abbiamo
conosciuto. La stessa città girata dall'altra parte quando salta
in aria Giorgio Chinnici, dei lamenti per il traffico, anche
della 'Palermo bene' per il cantiere dell'aula bunker, quella
degli amici di Ciancimino, di quella che sente ancora caldo e
sta al mare quando ammazzano Libero Grassi, - aggiunge de Lisi -
quella dei condòmini che scrivono lettere ai giornali
indignatissimi per la sirena della scorta di Giovanni Falcone e
infine la città bastarda dei palermitani che sputano sulle
blindate dei magistrati del pool quando passano, perché questi
stanno facendo danno al turismo". (ANSA).
Macelleria Palermo, quei morti ammazzati esposti in mostra
Carrellata degli orrori negli scatti di Lannino e Naccari