Il matrimonio precoce è un’unione formale o informale in cui uno o entrambe gli sposi non hanno raggiunto la maggiore età. È un’unione guidata dalle famiglie, che hanno un ruolo importante nella scelta del partner e nell’organizzazione della cerimonia; a volte uno o tutti e due gli sposi non hanno espresso il loro pieno e libero consenso all’unione e subiscono violenze psicologiche e fisiche che li forza al matrimonio. A causa della disparità di genere, la maggior parte di queste unioni sono tra giovani ragazze e uomini adulti.
I matrimoni precoci sono proibiti dal diritto internazionale, perché considerati una violazione dei diritti dei bambini, ma rimangono un fenomeno tristemente diffuso e problematico da sradicare. Si tratta di un fenomeno multidimensionale, in quanto i fattori che espongono una bambina o una giovane ragazza al rischio di matrimonio forzato sono diversi: la situazione di povertà della famiglia, un basso livello di istruzione, l’errata percezione che il matrimonio "proteggerà" la bambina da violenze e soprusi, le norme sociali o religiose, la discriminazione di genere per cui una bambina viene considerata più docile e ubbidiente.
Ulteriori conseguenze di questa pratica sono l’isolamento sociale, la violenza domestica e l’abbandono scolastico. In particolare, l'abbandono scolastico impedisce alla bambina di poter costruire il proprio futuro al di fuori dalla sfera domestica e poter uscire dalla spirale di povertà. Inoltre, contrarre un matrimonio precoce triplica la probabilità che subisca violenza dal coniuge, rispetto alle adulte sposate.
Si stima che oggi nel mondo 650 milioni di ragazze abbiano già subito un matrimonio precoce e molte di loro sono anche già divorziate o vedove (stime Unicef-Unfpa del 2020). Non è difficile ipotizzare che oggi cento milioni di ragazze rischiano di sposarsi troppo presto, rischio che può aumentare nel medio periodo considerando i trend attuali di crescita della popolazione mondiale, dato che il maggior incremento demografico avverrà proprio nei Paesi più poveri e la povertà è uno dei maggiori fattori di rischio di tali unioni.
Con l’avvento della pandemia di Covid-19, il numero dei matrimoni precoci nel mondo, fino a oggi in diminuzione, è destinato a salire: il fenomeno delle spose bambine risentirà del peggioramento della qualità di vita delle comunità, condannerà un numero crescente di bambine a sposarsi per non pesare economicamente sulla famiglia.
Spesso, i matrimoni minorili comportano conseguenze pericolose per la salute delle spose bambine, basti pensare a come una gravidanza precoce provochi un elevato rischio di mortalità delle giovani e dei loro neonati. Le ragazze di età compresa tra i 15 ei 19 anni hanno il doppio delle probabilità di morire di parto rispetto alle donne di 20 anni, anche i neonati nati da madri così giovani presentano rischi di salute.
I matrimoni che coinvolgono minori non sono prerogativa dei Paesi in via di sviluppo, ma sono un problema globale ed europeo anche all’interno di comunità di immigrati provenienti da Paesi in cui questa usanza è ancora diffusa.
Per capire quanto succede in Italia ci si deve affidare a studi condotti da organizzazioni non governative, dal momento che manca un osservatorio nazionale per poter quantificare il fenomeno. Tali studi si focalizzano su aree circoscritte del territorio italiano e sono principalmente qualitativi, aiutano a meglio comprendere il fenomeno e l’esperienza soggettiva di chi lo vive, ma non forniscono dati numerici e non sono estendibili all’intero territorio nazionale.
L’unico studio di natura quantitativa e qualitativa sui matrimoni precoci è stato condotto dall’Associazione 21 luglio (che supporta gruppi e individui in condizione di segregazione estrema e discriminazione) nelle baraccopoli di Roma, da cui risulta che la prevalenza dei matrimoni precoci nelle comunità Rom residenti arriva al 77%.
Nell’unico studio qualitativo di carattere nazionale sui matrimoni forzati, commissionato all’Associazione Le Onde Onlus (che ha la mission di combattere la violenza contro i bambini e le donne) dal Dipartimento per le Pari opportunità nel 2013, emerge che l’atteggiamento genitoriale è influenzato dagli stereotipi di genere e tra le capacità dei genitori rientra quella di adoperarsi affinché la figlia o il figlio si impegnino in un buon matrimonio. Lo studio sottolinea che per diverse ragioni, non solo di natura metodologica, è difficile se non addirittura impossibile quantificare con precisione il fenomeno dei matrimoni forzati a causa della concomitanza della stima soggettiva del grado di coercizione, e di conseguenza del consenso, del problema della sotto-dichiarazione, della carenza di basi di rilevamento e quindi di rappresentatività statistica.
L’associazione internazionale Non c’è Pace Senza Giustizia (fondata da Emma Bonino per la protezione e la promozione dei diritti umani) ritiene il matrimonio minorile sostanzialmente forzato, perché un soggetto minore, per quanto dotato di capacità di intendere e di volere adeguata alla sua età, non può essere in grado di comprendere a fondo le conseguenze dell’impegno che sta assumendo, né della realtà quotidiana che le/gli si presenterà una volta sposata/o.
Nel diritto internazionale sono presenti molte normative sul matrimonio minorile, ovunque definito atto di grave violazione di diritti umani e forma di violenza, e dunque anche discriminazione, di genere.
continua a leggere su futuranetwork.eu
di Giuliana Coccia, statistica e referente ASviS per il Gruppo di lavoro del Goal 5 dell’Agenda 2030
Riproduzione riservata © Copyright ANSA