“Se c’è una lezione che possiamo trarre, è che la disuguaglianza è sempre una scelta politica”. È con queste parole che Lucas Chancel, principale autore del World inequality report 2022 (pubblicato il 7 dicembre), sintetizza il rapporto che analizza il divario tra ricchi e poveri nel mondo.
Lo studio, che si avvale del supporto di famosi economisti come Thomas Piketty, Emmanuel Saez e Gabriel Zucman, analizza i fenomeni che negli ultimi 30 anni hanno reso i “ricchi sempre più ricchi” e i “poveri sempre più poveri”.
Disuguaglianza globale ai massimi storici. “Le disuguaglianze globali contemporanee sono vicine ai livelli dell'inizio del ventesimo secolo, quando eravamo al culmine dell'imperialismo occidentale”, sottolinea il rapporto.
Se parliamo di ricchezza, dal 1990 a oggi l’1% più ricco della popolazione si è accaparrato il 38% della ricchezza aggiuntiva accumulata, a differenza del 50% più povero a cui sono arrivate solo le briciole (il 2%). Un dato che da solo spiega bene come mai la classe media si stia pian piando schiacciando verso il basso, e cioè verso quella povera, andando di fatto a incrementare il divario esistente. E ancora: il 10% della popolazione mondiale possiede ora il 76% di tutta la ricchezza; la ricchezza degli individui più ricchi della Terra è cresciuta dal 6 al 9% all'anno dal 1995 a oggi, un aumento esacerbato dalla pandemia che ha portato all'incremento “più rapido mai registrato della quota di ricchezza dei miliardari mondiali”. In media, la metà più povera della popolazione detiene ricchezza per 2.900 euro (per ogni adulto), il 10% più ricco invece 550.900 euro.
Per quanto riguarda le disuguaglianze di reddito, attualmente il 10% della popolazione mondiale assorbe il 52% del reddito globale (dati 2021), una quota assai più alta di quella destinata alla metà più povera della popolazione a cui va l’8,5%. Tradotto: il 10% ha un reddito di circa 87.200 euro l’anno, la metà più povera della popolazione guadagna 2.800 euro l’anno.
Grazie al reddito medio nazionale il rapporto fornisce una valutazione anche su come la disuguaglianza varia tra le diverse regioni del mondo. Dall’analisi si evince come nonostante anche l’Europa abbia i suoi problemi in termini di redistribuzione, basti pensare che il 10% delle persone assorbe il 36% del reddito generato, resta il luogo meno diseguale al mondo. La regione più diseguale è quella del medio Oriente e del nord Africa, dove il 10% assorbe il 58% del reddito totale. In America latina questa cifra si ferma invece al 55%.
Ma l’analisi sul reddito medio nazionale non permette di capire quanto i Paesi siano diseguali al loro interno. Gli Stati Uniti, per esempio, nonostante siano un Paese ad alto reddito, vivono una situazione di enorme contraddizione, dove persistono forti disuguaglianze interne. Lo stesso si può dire di Paesi a basso reddito come Brasile e India, fanno un poco meglio Cina e Russia (come si evince dalla seguente immagine).
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Le disuguaglianze sono aumentate negli ultimi due decenni in modo significativo all'interno dei Paesi: il divario tra i redditi medi del 10% più ricco e del 50% più povero è quasi raddoppiato, “questo significa che le disuguaglianze all'interno dei Paesi sono ora persino maggiori delle disuguaglianze tra i Paesi”.
Governi sempre più poveri, ecco perché. Altro dato interessante è quello che riguarda il divario tra la ricchezza netta dei governi e la ricchezza netta del settore privato. Nonostante i Paesi siano sempre più ricchi, i loro governi sono paradossalmente diventati significativamente più poveri. Questo perché la ricchezza è oggi quasi totalmente nelle mani di privati, ciò vuol dire che quella “detenuta dagli attori pubblici nei Paesi ricchi è prossima allo zero o addirittura negativa”. Una tendenza amplificata dalla crisi del Covid-19, durante la quale i governi hanno preso in prestito l'equivalente del 10-20% del Pil globale che era essenzialmente del settore privato. “L'attuale scarsa ricchezza dei governi ha importanti implicazioni per la capacità dello Stato di affrontare la disuguaglianza in futuro, nonché per le sfide chiave del ventunesimo secolo come il cambiamento climatico”, si legge nello studio, che spiega anche i motivi di questo “passaggio” di ricchezza: “Le disparità di reddito e di ricchezza sono aumentate quasi ovunque dagli anni '80, a seguito di una serie di programmi di deregolamentazione e liberalizzazione che hanno assunto forme diverse nei diversi Paesi. L'aumento non è stato uniforme: alcuni Paesi hanno registrato aumenti eccezionali della disuguaglianza (tra cui Stati Uniti, Russia e India), altri invece (Paesi europei e Cina) hanno registrato aumenti relativamente più contenuti”.
Disuguaglianze ecologiche: grande divario nella quantità di CO2 emessa tra ricchi e poveri. “Le disuguaglianze di reddito e ricchezza globali sono strettamente collegate alle disuguaglianze ecologiche e alle disuguaglianze nei contributi al cambiamento climatico”, ricorda il World inequality report. In media ogni essere umano emette 6,6 tonnellate di CO2 all’anno. A una più attenta analisi, però, ci si accorge quanto questa “media” sia fuorviante per comprendere come ognuno di noi, e ogni parte del mondo, incida sul riscaldamento globale. Solo il 10% della popolazione più ricca è infatti responsabile di quasi il 50% delle emissioni antropiche, la metà della popolazione più povera incide invece per appena il 12% delle emissioni climalteranti.
In pratica, il 50% più povero della popolazione emette circa cinque tonnellate all'anno di CO2 per persona in Europa; circa tre tonnellate in Asia; circa 10 tonnellate in nord America. Dati che contrastano nettamente con le emissioni del 10% più ricco in queste regioni: 29 tonnellate in Europa, 39 in Asia orientale e 73 in nord America.
Inoltre, “questo rapporto rivela anche che la metà più povera della popolazione nei Paesi ricchi è già vicina agli obiettivi climatici per il 2030 (se espressi su base pro capite). Le grandi disuguaglianze nelle emissioni suggeriscono che le politiche climatiche dovrebbero mirare maggiormente a limitare le altissime emissioni dei ricchi. Finora, le politiche climatiche come le tasse sul carbonio, hanno invece avuto un impatto spesso sproporzionato sui gruppi a basso e medio reddito, lasciando invariate le abitudini di consumo dei gruppi più ricchi”.
Italia: la situazione. Il reddito annuale medio lordo della popolazione italiana è di 29.100 euro, una cifra ben al di sotto di quella che viene percepita in Francia e Germania (a ppp-parità di potere di acquisto, indice che consente il confronto tra diversi Stati, nei due Paesi si registrano redditi rispettivamente di 36.300 euro e 39.900 euro) ma simile a quella spagnola (30.600 euro). In Italia la metà più povera della popolazione guadagna il 21% del reddito generato in un anno (12.100 euro ppp), il 10% più ricco guadagna in media otto volte di più. Dai primi anni ’80 la quota del reddito delle persone che fanno parte del 10% della popolazione è aumentata in modo considerevole, mentre quella del 50% più povero scendeva, per esempio, dal 27% del 2007 al 21% (come detto precedentemente) del 2019.
La concentrazione della ricchezza in Italia oggi è alta, ma inferiore alla maggior parte dei Paesi dell'Unione europea. I dati 2021 ci dicono che il 10% della popolazione detiene il 48% della ricchezza nazionale, il 40% della popolazione possiede il 42%, mentre alla metà più povera va il 10%.
Se parliamo di disuguaglianza di genere, ci accorgiamo che “in Italia i livelli sono leggermente superiori a quelle degli altri paesi dell'Europa occidentale”. Il dato relativo alla “quota di reddito da lavoro femminile” indica che “nel Paese è pari al 36%, vicino ai valori del nord America (38%) ma inferiore a quelli dell'Europa orientale (41%)”.
Infine, la disuguaglianza di carbonio mostra come in Italia la quota pro-capite di CO2 emessa si attesti sulle 9 tonnellate l‘anno. Un livello simile a Francia (9 tonnellate) e Regno Unito (10 tonnellate). Interessante è poi notare come il 10% più ricco emetta 24 tonnellate di CO2 ogni anno, mentre il 50% più povero della popolazione sia responsabile per il rilascio di 5 tonnellate di CO2 pro-capite.
di Ivan Manzo
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