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Responsabilità editoriale di ASviS
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Come cambiano le abitudini e i comportamenti delle persone in un contesto in rapida evoluzione? Il mondo del lavoro può contribuire a questo cambiamento? Sono le domande a cui cercano di dare una risposta due recenti rapporti pubblicati dalla Banca europea degli investimenti (Bei), e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Più in dettaglio, il rapporto “2022-2023 European investment bank climate survey” esplora opinioni, comportamenti e azioni intraprese dalle persone per combattere il cambiamento climatico. Al mondo del lavoro e allo sviluppo locale è dedicato il report “Job creation and local economic development 2023” dell’Ocse.
Fonte: 2022-2023 European investment bank climate survey
Nonostante la guerra in Ucraina e le sue conseguenze economiche, il cambiamento climatico rimane la seconda maggiore sfida per gli europei. Il 72% degli intervistati è convinto che il proprio comportamento possa fare la differenza nell'affrontare l'emergenza climatica. Per molti, il governo ha un ruolo cruciale nell'incoraggiare i cambiamenti individuali, tanto che il 66% è a favore di misure politiche più severe che impongano un cambiamento nel comportamento delle persone per affrontare il cambiamento climatico. Il 56% degli intervistati europei (in Italia la percentuale sale al 64%) si dice favorevole a un sistema di bilancio del carbonio che assegnerebbe a ciascun individuo un numero fisso di crediti annuali da spendere per prodotti con una grande impronta di carbonio (beni non essenziali, voli, carne, etc). È interessante notare, sottolinea il Rapporto, che la maggioranza degli europei è favorevole a questa misura indipendentemente dal reddito (59% degli intervistati a basso reddito, 58% degli intervistati a reddito medio e oltre il 56% degli intervistati a reddito più alto).
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La consapevolezza che la produzione alimentare è responsabile di una quota significativa delle emissioni di gas a effetto serra, porta il 79% degli europei a dichiarare di essere favorevole ad una etichettatura di tutti i prodotti alimentari che riporti la loro impronta climatica. Percentuale che, in Italia, sale all’85%. Poco più della metà degli europei, il 51%, si dice favorevole a limitare la quantità di carne e latticini che le persone possono acquistare per combattere il cambiamento climatico. Inoltre, il 62% degli intervistati afferma che sarebbe disposto a pagare un pò di più per il cibo prodotto localmente e in modo più sostenibile. Anche in questo caso, la disponibilità a pagare di più per il cibo abbraccia tutte le fasce di reddito.
Sempre più spesso, evidenzia il sondaggio della Bei, chi entra nel mondo del lavoro presta attenzione alle "credenziali climatiche" del datore di lavoro. Il 62% degli europei afferma che è importante che i potenziali datori di lavoro diano priorità alla sostenibilità. Per il 16% è una priorità assoluta. Nella fascia di età compresa tra 20 e 29 anni, chi cerca il primo lavoro, il 76% (in Italia la percentuale sale all’81%) afferma che la sostenibilità è un fattore importante nella scelta del datore di lavoro. Nel 22% dei casi è una priorità assoluta.
La scelta dei datori di lavoro attenti al proprio impatto ambientale è solo uno degli aspetti legati alla transizione verde del mercato del lavoro. Come evidenzia l’Ocse nel suo Rapporto, la nuova mappa del lavoro avrà effetti diversi su persone, luoghi e aziende. In questa fase delicata emergeranno nuovi tipi di lavoro e si creeranno opportunità in settori che ancora non esistono. Inevitabilmente si perderanno posti di lavoro, soprattutto nelle attività altamente inquinanti come l'estrazione di carbone e gas, e ci sarà uno spostamento delle competenze richieste. Affrontare queste sfide richiede una strategia basata sul territorio, con programmi di sviluppo economico locale, di sostegno alle imprese capace di integrare le politiche nazionali di transizione verde.
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Tuttavia, continua il Rapporto, l'assenza di una definizione universalmente riconosciuta di green jobs può ostacolare la progettazione delle giuste strategie politiche. Questa lacuna legislativa si traduce in una mancanza di prove sull'impatto della transizione verde sul mercato del lavoro, in particolare sulla geografia dei posti di lavoro all'interno dei Paesi e sugli effetti socio-economici sui diversi tipi di lavoratori all'interno delle comunità.
Sebbene la transizione verde sia un megatrend globale, l’impatto sul mondo del lavoro è fortemente locale. I rischi e le opportunità per i lavoratori sono disomogenei all'interno dello stesso Paese. Le regioni che fanno affidamento su settori lavorativi ad alto impatto ambientale hanno maggiori probabilità di vedere scomparire i posti di lavoro. Allo stesso modo, le opportunità economiche e la creazione di posti di lavoro green non si materializzeranno allo stesso modo ovunque. Attualmente, sottolinea il Rapporto, circa il 18% dei lavoratori dell'Ocse svolge lavori che in qualche modo contribuiscono a migliorare la sostenibilità ambientale o a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Nonostante la crescente attenzione verso i cambiamenti climatici, il mercato del lavoro non è diventato più verde nell'ultimo decennio. I maggiori risultati si sono sviluppati recentemente, con la quota di lavoratori green passata dal 16% del 2011 al 18% nel 2021.
Le donne tendono ad essere sottorappresentate, solo il 28% delle lavoratrici sono occupate nei green jobs. D'altra parte, gli uomini saranno i più colpiti dalla scomparsa dei lavori più inquinanti. Nonostante i lavori green tendano ad offrire fino al 20% in più di retribuzione, questa opportunità è ancora relegata ad una fascia di lavoratori troppo ristretta. Mentre i futuri lavori verdi potrebbero spostarsi verso occupazioni a media e bassa qualifica, in attività come la gestione dei rifiuti o l'edilizia, finora solo i lavoratori altamente qualificati e istruiti hanno colto le opportunità di lavoro offerte dalla transizione verde. Il rischio, evidenzia il Rapporto, è che le persone con un livello di istruzione inferiore e con occupazioni di bassa qualifica possano essere lasciate ai margini della transizione.
Fonte: Job creation and local economic development 2023
Accanto ai governi nazionali, gli attori locali svolgeranno un ruolo centrale nella gestione della transizione verde. Molte delle sfide possono essere affrontate adattando e rafforzando il mercato del lavoro locale e i sistemi di sviluppo delle competenze già esistenti. I governi dovrebbero raddoppiare gli investimenti nell'apprendimento degli adulti e le politiche attive del mercato del lavoro dovrebbero essere basate su sistemi di valutazione capaci di anticipare le competenze necessarie. Questo richiede un impegno attivo da parte dei lavoratori, dei datori di lavoro e degli attori pubblici, con misure mirate che affrontino il rischio disomogeneo di perdita di posti di lavoro tra regioni, settori e individui.
Mentre le azioni per una transizione verde sono in gran parte guidate dalla politica, continua il Rapporto, ci sono lezioni utili che possiamo apprendere dalle transizioni passate. La digitalizzazione, la globalizzazione e l'uscita dal carbone hanno innescato importanti processi di riadattamento del mercato del lavoro. Gli insegnamenti tratti da queste transizioni evidenziano l'importanza di stabilire una chiara visione a lungo termine per l'economia locale che:
di Tommaso Tautonico
Fonte copertina: alessandrobiascioli, da 123rf.com
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