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Responsabilità editoriale di ASviS
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Negli ultimi 20 anni quasi 115 milioni di ettari di terre sono stati oggetto di operazioni di land grabbing, letteralmente “accaparramento di terra”. Solo lo scorso anno questo dato è aumentato di 26,1 milioni di ettari, a danno delle comunità locali, dei contadini e dei popoli nativi, stando agli ultimi rilevamenti di aprile della banca dati di Land Matrix, il sito che raccoglie informazioni sui contratti di cessione e affitto di grandi estensioni di terra. Ad approfondire il tema è il sesto rapporto “I padroni della terra” pubblicato da Focsiv il 18 ottobre, il quale mette in luce come il fenomeno non accenni a ridursi, ma anzi si rafforzi a causa di nuove tendenze geopolitiche ed economiche internazionali. In particolare, la convergenza tra le conseguenze della guerra in Ucraina, con l’uso del cibo come arma impropria, e la transizione ecologica con la nuova corsa alle materie prime critiche, sta provocando una accelerazione della competizione tra blocchi geopolitici per il controllo e lo sfruttamento delle risorse, della loro estrazione, lavorazione e distribuzione. Inoltre, l’accaparramento di terra fa il paio con il “food grabbing”, l’accaparramento di cibo, con impatti negativi sui diritti umani delle comunità contadine ed indigene e sull’ambiente.
Il Rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia, oltre a sottolineare la crescita della domanda di minerali necessari alla transizione energetica, suona l’allarme per la mancata diffusione nel settore dei criteri Esg. 4/9/23
L’Africa è il primo continente dove si realizzano gli investimenti che possono comportare fenomeni di accaparramento di terre, seguito dall’America Latina, dall’Europa orientale e poi dall’Asia. Gli interessi alla base degli investimenti sono rappresentati per il 40% dallo sfruttamento di foreste, per il 33% da altri motivi tra cui in particolare l’estrazione mineraria, e per il 26% dall’agricoltura.
A detenere il primato come Paese destinatario dei maggiori investimenti per lo sfruttamento delle terre è la Russia, seguita dal Perù (soprattutto per l’estrazione mineraria) e dalla Repubblica Democratica del Congo (per le monocolture agricole e l’estrazione mineraria). Seguono Paesi dalle grandi foreste pluviali tropicali ed equatoriali come l’Indonesia, il Brasile e il Gabon dove si realizzano investimenti che portano alla deforestazione per l’agricoltura monocolturale, l’allevamento e l’estrazione mineraria.
I primi dieci investitori sono invece rappresentati in gran parte da Paesi occidentali sede delle principali multinazionali e fondi di investimento, seguiti da alcuni Paesi asiatici come la Cina e il Giappone, e da una città Stato, Singapore, sede anch’essa di multinazionali e fondi di investimento. Peculiare è la condizione del Brasile che oltre ad essere oggetto di investimenti esteri, è esso stesso un investitore all’estero, essendo una economia emergente con grandi imprese. Dal punto di vista della diffusione degli investimenti, i dati Land Matrix indicano invece la Cina come il Paese attualmente con più interessi distribuiti nel mondo, avendo accordi con ben 53 Stati per la concessione di terre, seguita dagli Usa con investimenti in 47 Paesi, dalla Gran Bretagna che mantiene accordi con 42 Paesi e dal Canada che, grazie ad alcune grandi imprese multinazionali del settore estrattivo, opera in 41 Paesi.
Per contrastare il fenomeno, Focsiv ha avanzato anche quest’anno dieci raccomandazioni di policy:
di Elita Viola
Fonte copertina: somchai20162516, da 123rf.com
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