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Responsabilità editoriale di ASviS
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Secondo un sondaggio Ipsos, condotto in occasione della pubblicazione del Rapporto ASviS 2023, il proposito di conservare in modo sostenibile le risorse del mare, in termini di priorità, occupa solo la penultima posizione tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Tuttavia, l’attenzione verso i temi del Goal 14 dell’Agenda 2030 “Vita sott’acqua”, se sollecitati, preoccupano molto gli italiani: il 93% dei cittadini sostiene, infatti, che l’inquinamento da plastica nel mare è oggi uno dei problemi ambientali più urgenti da affrontare. D’altra parte si tratta di un fenomeno in crescita, basti pensare che i rifiuti spiaggiati nel 2021 contavano 273 tipi di oggetti (plastiche monouso, scarti legati alla pesca e acquacoltura, borse di plastica e rifiuti legati al fumo) ogni cento metri di spiaggia. Sul tema l’Unione europea ha stimato che ogni cittadino residente in Europa genera quasi 180 chilogrammi di rifiuti da imballaggi in plastica ogni anno, un dato in sensibile aumento. Per invertire questa tendenza insostenibile la Commissione ha proposto un regolamento sugli imballaggi finalizzato, da un lato, a ridurre i rifiuti in plastica e, dall’altro, a migliorare il riciclo di quella in circolazione. Una proposta, però, nota a poco più di una persona su 10.
Per quanto riguarda la situazione italiana relativa agli ecosistemi marini, la situazione è in costante peggioramento e in particolare restano alti gli stock ittici in sovrasfruttamento: in base ai nuovi dati prodotti dall’Istat, il valore del 2021 è pari all’80,4%, con un peggioramento rispetto al 2014 di 11,2 punti percentuali. Infatti, il Target 14.4 di azzerare il sovrasfruttamento degli stock ittici entro il 2030, fissato dalla Strategia europea sulla biodiversità, non appare al momento raggiungibile. Inoltre, a fronte dell’impegno europeo al 2030 del 30%, al momento solo il 6,9% delle aree marine è sotto a qualche forma di protezione.
Secondo il Rapporto ASviS, le politiche pubbliche nazionali non hanno finora strutturato soluzioni per rispondere a quanto l’Italia si era impegnata a fare a livello europeo e internazionale, agendo sulle cause strutturali antropiche che determinano il fenomeno della perdita di biodiversità. Per esempio, la Legge n. 221/2015 aveva introdotto alcuni strumenti per sviluppare politiche ambientali basate su una visione sistemica, riconoscendo il ruolo della tutela e valorizzazione del capitale naturale per la prosperità sociale ed economica. La pubblicazione dei vari rapporti sul capitale naturale e del Catalogo dei sussidi ambientali non hanno però avuto alcuna influenza concreta sulle politiche nazionali. Anche la redazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finalizzato a imprimere una spinta importante a riforme e investimenti per la transizione verde, non ha considerato le raccomandazioni chiave in essi contenuti.
La maggiore novità per il settore resta dunque l’approvazione della Legge costituzionale n.1 dell’11 febbraio 2022, con la quale sono state introdotte modifiche agli artt. 9 e 41 della Costituzione, introducendo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni. La tutela degli animali inclusa nell’art. 9 integra di fatto anche il concetto scientifico di One Health, ovvero il riconoscimento che la salute umana, animale, vegetale e ambientale sono inestricabilmente interconnesse. L’art. 41 specifica, al primo comma, che l’iniziativa economica privata, oltre a non potersi svolgere in contrasto all’utilità sociale, non può essere condotta “in danno alla salute, all’ambiente”. Tale formulazione richiama, di fatto, il principio del “non nuocere significativamente all’ambiente” (Dnsh) inserito nel Green Deal europeo, che l’Italia è già chiamata ad applicare agli investimenti del Pnrr e ad altri interventi finanziati dal bilancio europeo 2021-2027.
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