"Stiamo registrando, frequentemente,
interventi da parte di Coldiretti che solleva criticità e lancia
allarmi riguardo presunti rischi provocati dagli impianti
fotovoltaici nei confronti dei terreni agricoli. Secondo
l'associazione degli agricoltori, in diverse aree geografiche
del Paese, il fotovoltaico sarebbe causa di consumo del suolo,
occupazione dei terreni e cementificazione, per via di una
normativa troppo permissiva. Si tratta di rilievi infondati, che
possono generare un allarmismo gratuito e privo di connessione
con la realtà". Lo scrive in una nota l'Alleanza per il
Fotovoltaico, associazione fra operatori energetici.
"Le fonti energetiche rinnovabili sono una risposta cruciale
per la lotta agli effetti del cambiamento climatico, che ha
ripercussioni soprattutto sul settore agricolo - prosegue la
nota -. Il fotovoltaico a terra è temporaneo e non produce
alcuna impermeabilizzazione del suolo, né alcun impoverimento di
nutrienti, humus, biodiversità. Grazie all'innovazione
tecnologica non prevede l'impiego di cemento, non ha alcun
impatto chimico né pregiudica l'utilizzo agricolo. Anzi, è
acclarato che consente il risparmio idrico e protegge gli
insetti impollinatori dall'eccessiva insolazione. Gli impianti
fotovoltaici occupano senz'altro territorio, ma non lo
consumano; al contrario lo preservano, in molti casi, da usi ben
peggiori.
"Secondo l'ultimo rapporto Ispra - aggiunge l'Alleanza -, pur
se si volesse installare a terra tutto il nuovo fotovoltaico
previsto in Italia dal Pniec al 2030 (57 Gw), si utilizzerebbe
comunque una porzione minima del suolo nazionale, ben sotto
l'1%. Ipotizzando di realizzare 5 Gw/anno di fotovoltaico a
terra, servirebbe una superficie di appena 10.000 ettari da
dedicare agli impianti, mentre l'attuale superficie agricola
totale in Italia è pari a 16,5 milioni di ettari. Per realizzare
questi 5 Gw di fotovoltaico basterebbe impiegare lo 0,06% della
superficie agricola ogni anno".
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