Se le imprese italiane investissero
in tutela e ripristino della biodiversità 93 euro all'anno per
ogni milione di fatturato, sarebbe possibile raggiungere
l'ambizioso obiettivo nazionale di ripristinare entro il 2050 il
90% degli habitat di cattivo stato di conservazione, ovvero
723.500 ettari. Il costo annuale necessario per sostenere azioni
di recupero è pari a 260 milioni di euro, ovvero lo 0,013% del
Pil nazionale. Per ciascun euro investito, inoltre, si stima un
ritorno in benefici per la collettività pari a 14,7 euro. Sono
alcuni dei dati "sul ruolo cruciale che il settore privato può
svolgere nel contrasto al danneggiamento degli ecosistemi"
presentati in occasione del European Business & Nature Summit
(Ebns) a Milano
L'iniziativa - spiegano gli organizzatori - è della
Commissione Europea organizzata in collaborazione con lo
spin-off dell'Università di Padova Etifor, il Forum per la
Finanza Sostenibile, Regione Lombardia e la European Business &
Biodiversity Platform.
L'analisi del team di Etifor si basa sull'Impact Assessment
Study. Le attività di recupero e conservazione della
biodiversità in Italia porterebbero entro il 2050 a benefici
economici complessivi per quasi 70 miliardi di euro. Ciò dipende
dalla capacità degli ecosistemi ricchi di biodiversità di
fornire servizi ecosistemici, come lo stoccaggio e il sequestro
del carbonio, la regolazione della qualità dell'acqua e il
controllo dell'erosione, l'impollinazione, la produzione di
materie prime rinnovabili (come legno e biomasse a uso
energetico, cibo e fibre), la gestione del rischio di alluvioni
e servizi culturali, ricreativi o turistici.
"Occorre sfatare definitivamente il mito che vede le imprese
come attori quasi esclusivi delle crisi ambientali in atto: le
cause sono sistemiche", ha spiegato Alessandro Leonardi,
amministratore delegato di Etifor.
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