Il 25% delle aziende valuta
attualmente il proprio impatto sulla biodiversità, evidenziando
la necessità di una maggiore responsabilità, mentre il 48%
prevede di integrarla nelle proprie strategie entro i prossimi
cinque anni. Il 33% include già la biodiversità nella propria
rendicontazione, ma solamente il 19% ha adottato gli standard
Esrs (European sustainability reporting standards). Almeno 4000
imprese dovranno intraprendere un processo di trasformazione
significativo per rispettare le direttive e migliorare le loro
performance Esg (Environmental Social and Governance),
soprattutto per quanto riguarda la protezione e il ripristino di
biodiversità ed ecosistemi.
Sono alcuni dei dati emersi dal primo "Rapporto su
biodiversità e settore privato in Italia" realizzato dalla
società di consulenza ambientale Etifor, in collaborazione con
l'Università degli Studi di Padova, e presentato durante la
COP16 attualmente in corso a Cali, in Colombia.
Le direttive europee, come la Csrd di recente approvazione,
richiedono alle aziende - viene sottolineato - di adattare le
proprie strategie per monitorare e rendicontare aspetti legati
alla sostenibilità, inclusa la biodiversità. Questa sfida
comporta costi, una comprensione approfondita della tematica e
l'implementazione di strategie di mitigazione: "tali normative
rappresentano anche un'importante opportunità: le aziende che si
adeguano rapidamente possono migliorare la loro competitività,
accedere a nuovi mercati e rafforzare la reputazione". Il report
evidenzia che in Italia saranno appunto circa 4.000 le imprese
obbligate alla rendicontazione dalla normativa, ma ci sarà un
effetto a cascata su tutte le Pmi che in Italia sono più del 75%
(760.000 imprese) e che, rappresentando l'ossatura dell'economia
italiana, svolgeranno un ruolo fondamentale negli sforzi di
conservazione della biodiversità.
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