Per centrare gli obiettivi europei e
frenare la perdita di biodiversità entro il 2030, l'Italia deve
accelerare il passo, a partire da una strategia nazionale per la
biodiversità al 2030, nuove aree protette e marine e zone di
tutela integrale, interventi per migliorare la tutela,
conservazione, gestione e monitoraggio della biodiversità, la
convivenza tra animali selvatici e uomo, e ripensare in una
chiave sostenibile alcune attività antropiche. È quanto chiede
Legambiente in occasione della giornata mondiale della
biodiversità, il 22 maggio.
La ong fa il punto della situazione nel suo 16/o report
"Biodiversità a rischio 2023". Sulle Alpi si assiste ad un
ritorno dei grandi predatori, che all'inizio del secolo scorso
erano quasi scomparsi: orso bruno (100 esemplari in Triveneto),
lupo (oltre 900), sciacallo dorato (50-80 in Triveneto). Sono
tornati per l'espansione naturale degli areali di distribuzione
e per le tante azioni di tutela e di reintroduzione. Per
Legambiente serve un nuovo modello di gestione della
biodiversità e di coesistenza con l'uomo, e un miglioramento dei
Piani di gestione, alla luce di quanto accaduto in Trentino con
l'orso Jj4 e in Piemonte con i lupi.
Per il Mediterraneo, uno studio pubblicato nel 2019 su
Geophysical Research Letters ha evidenziato un aumento della
temperatura fino a 2 gradi rispetto alla media degli ultimi 35
anni, soprattutto nello Ionio e nella parte sud ovest del
bacino. A minacciare il Mare Magnum è anche l'uso non
sostenibile delle risorse naturali, tra cui il sovrasfruttamento
delle specie ittiche. Sotto stress in particolare l'Adriatico.
Un problema sono le specie aliene invasive, ad esempio il
granchio blu o il pesce scorpione. In Italia si stima siano
state introdotte oltre 3.500 specie aliene, mentre in Europa
sono presenti oltre 14.000 specie aliene.
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