Sono i mini-reattori modulari (Small
Modular Reactors, SMR) la tecnologia nucleare di quarta
generazione di cui ha parlato ieri il ministro della Transizione
ecologica Roberto Cingolani. Per il ministro, sono un'opzione da
valutare per decarbonizzare il settore energetico. Un'ipotesi
respinta dagli ambientalisti, bollati da Cingolani come "radical
chic peggio della catastrofe climatica".
Gli Smr sono piccoli reattori, sotto i 300 megawatt di
potenza, derivati dai motori dei sommergibili e delle navi
atomiche (una centrale nucleare tradizionale arriva a 1600 MW).
Ne esistono di vari tipi e con varie tecnologie, ma il tratto
comune è che sono piccoli e compatti: in pratica, dei cilindri
di metallo grandi come un paio di container, che contengono il
nocciolo col combustibile e il generatore di vapore. All'interno
il calore del nocciolo trasforma l'acqua in vapore, che aziona
una turbina esterna e un alternatore che produce energia.
L'acqua, una volta raffreddata, rientra nel mini-reattore e
ricomincia il ciclo.
I vantaggi rispetto alle centrali tradizionali sono diversi.
I cilindri possono essere assemblati in fabbrica e trasportati
sul posto, anche in luoghi remoti, riducendo i costi. Possono
essere aggiunti più moduli per aumentare la potenza. Date le
ridotte dimensioni dei cilindri, l'acqua e il vapore si muovono
da soli col calore, e non servono pompe, che possono guastarsi
come a Fukushima. Una centrale a moduli occupa il 10% dello
spazio di una centrale tradizionale, con costi e impatti
ambientali inferiori. Ma soprattutto, i mini-reattori modulari
permettono di usare combustibili non convenzionali che durano di
più, e quindi riducono la produzione di scorie: il rifornimento
va fatto ogni 3-7 anni, contro 1-2 per le centrali tradizionali.
Alcuni impianti possono lavorare per 30 anni senza essere
riforniti.
Al momento ci sono una ventina di progetti di SMR in fase di
realizzazione nel mondo, soprattutto in Cina, Russia, Argentina,
Canada, Usa e Gran Bretagna. I primi dovrebbero entrare in
funzione per il 2026. Secondo i critici, si tratta comunque di
impianti troppo costosi per le compagnie energetiche private, e
che possono essere realizzati solo con i fondi statali.
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