La decarbonizzazione del settore dei
trasporti, così come pensata dal governo italiano nel suo Piano
nazionale energia (Pniec), si basa in larga misura su vettori
energetici inefficienti, cioè i biocarburanti, provenienti in
gran parte dalla Cina, mentre sarebbe più razionale puntare
sull'elettrificazione. Lo sostiene un'analisi della ong per il
trasporto sostenibile Transport & Environment (T&E).
Entro il 2030, secondo il Pniec quasi due terzi dell'energia
"rinnovabile" totale nei trasporti dovrà essere fornita dalle
bioenergie. Ma per T&E, un impiego così massiccio di
biocarburanti espone l'Italia alla dipendenza dall'import di
materie prime (che oggi garantisce il 94% del totale dei
feedstock impiegati nel nostro Paese) e a potenziali frodi.
Secondo T&E, l'Italia poggia la sua strategia energetica su
due categorie di biocarburanti: quelli a base di palma,
fortemente legati alla deforestazione e per cui l'Italia è terzo
consumatore europeo, e i biocarburanti avanzati ricavati da oli
di cucina usati e da grassi animali.
Il problema degli oli da cucina usati è che l'Europa non è in
grado di raccogliere sufficienti volumi per soddisfare la sua
domanda di trasporto. Infatti, rivela l'analisi, l'80% dell'olio
esausto viene importato, principalmente da paesi Asiatici: la
Cina da sola rappresenta il 60% delle importazioni Ue. La
dipendenza dagli import cinesi è ancora più spiccata per
l'Italia, per circa tre quarti (74%) degli oli esausti
impiegati. Secondo la ong, per i trasporti sarebbe più
efficiente ed economico puntare sull'elettrico.
Quanto ai carburanti sintetici, secondo T&E il 93% degli
e-fuel previsti dal piano verrà "sprecato" dal Pniec per la
mobilità in auto, autobus, camion e treni, quando il loro uso
andrebbe destinato all'aviazione e al trasporto marittimo,
settori molto più difficili da elettrificare.
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